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Armi: il ruolo dell’Italia in Yemen

Mio articolo per il trimestrale di Amnesty International, sulle responsabilità italiane nelle forniture di armi che infiammano il conflitto in Yemen

È la notte dell’8 ottobre 2016 nel villaggio di Deir Al-Hajari, appartenente al governatorato di Al Hudaydah nello Yemen nord-occidentale.

Quattro famiglie dormono in altrettante case, tutte vicine perché abitate da parenti. Ma un sibilo e un boatosquarciano il silenzio notturno. “Mi sono svegliata alle tre del mattino con i suoni dei bombardamenti aerei, quindi siamo corsi fuori di casa verso nord e poi abbiamo sentito il secondo colpo della bomba proveniente dall’alto; il fuoco di questa esplosione era così vicino che ci stava bruciando. Dopo quasi due minuti il terzo missile ha raggiunto casa di mio fratello e il quarto casa nostra. Non posso credere che mio cugino e la sua famiglia siano morti, avremmo potuto essere noi a morire se non fossimo fuggiti”. È la dichiarazione, raccolta dagli attivisti della Ong per i diritti umani Mwatana, di una donna di 25 anni, testimone oculare e familiare degli uccisi.

Perché quella notte, in un attacco molto probabilmente sferrato dalla Coalizione militare guidata dai sauditi, è rimasta uccisa una famiglia di sei persone, tra cui una madre incinta e i suoi
quattro figli.

Ero addormentato, quindi mi sono svegliato al suono del bombardamento aereo; non riuscivo a vedere nulla a causa della polvere e dell’oscurità, le ragazze mi hanno trascinato fuori e avevamo appena iniziato a correre quando è avvenuto il secondo bombardamento”, ha aggiunto un altro abitante delle case vicine scampato alla morte solo grazie alla velocità della fuga da un attacco evidentemente intenzionale (sono state colpite solo le case) su un obiettivo civile (il più vicino checkpoint militare è a oltre 300 metri ma le bombe “guidate” utilizzate hanno un margine di errore di meno di 10 metri).

Questo caso ha fornito la motivazione per una denuncia penale presentata a metà aprile 2018 da Rete Italiana per il Disarmo, la già citata Mwatana e la Ong tedesca per i diritti umani Ecchr, per responsabilità penale nei confronti dei dirigenti di Rwm Italia S.p.A. e dei funzionari governativi italiani per l’esportazione verso l’Arabia Saudita, o verso un altro stato membro della Coalizione militare a guida saudita, di almeno un componente dell’arma letale utilizzata nell’attacco. Perché le prove raccolte (oltre alle testimonianze ci sono resti di bomba con codici inequivocabili) dimostrano che gli ordigni utilizzati dalla Coalizione nell’attacco dell’ottobre 2016 erano di fabbricazione italiana.

Ormai da anni attacchi aerei come quello descritto sono diventati l’orrore quotidiano per la popolazione civile in Yemen. Attacchi senza alcuna ragione militare evidente, con civili innocenti come obiettivi e dunque con chiara e grave violazione del diritto umanitario e delle stesse Convenzioni internazionali riguardanti i conflitti. Tanto è vero che anche l’Onu ha ipotizzato numerosi casi di “crimini di guerra” per il conflitto in Yemen, ormai in corso da oltre tre anni.

Nonostante i numerosi allarmi sul fatto che l’intervento armato della Coalizione saudita nello Yemen stia causando gravi perdite di vite umane nella popolazione civile e comporti violazioni del diritto umanitario internaziona- le, le esportazioni di bombe e altri armamenti verso gli stati membri della Coalizione non si sono arrestate e sono tuttora in corso. Per protestare con- to questo commercio autorizzato dal ministero degli Esteri tramite l’Unità per le autorizzazioni dei materiali d’armamento (che emette le licenze di esportazione di sistemi d’arma a uso militare prodotti in Italia) è in corso da tempo un’azione condotta da diverse organizzazioni della società civile, inclusa Amnesty International, che chiedono un embargo sugli armamentinei confronti di tutti gli attori del con itto e l’apertura di un’indagine inter- nazionale indipendente sulle violazioni commesse. L’obiettivo è fermare la complicità del nostro paese in una delle più gravi crisi umanitarie attuali del mondo, diretta conseguenza di una guerra. Pur non essendo possibile,causa la scarsa trasparenza nei dati uf ciali, conoscere nei particolari l’ex-port militare italiano verso tutti i paesi coinvolti nel con itto, è sicuro che inquella regione ci siano i maggiori clienti delle nostre aziende di armamenti.Ed è inoltre sicuro che due anni fa sia stata concessa una licenza di 411 milioni di euro alla Rwm Italia, destinata proprio all’Arabia Saudita; nello speci co si tratta di un’autorizzazione all’esportazione di 19.675 bombe Mk 82,Mk83eMk84.

Le stesse che piovono poi di notte sulle case della popolazione yemenita.

 

Articolo originale al link https://www.amnesty.it/armi-il-ruolo-dellitalia/