home Parole e notizie Conte in Commissione d’inchiesta Regeni. Armi all’Egitto? “Esplicito sostegno al regime”

Conte in Commissione d’inchiesta Regeni. Armi all’Egitto? “Esplicito sostegno al regime”

Il primo ministro sui rapporti con il Cairo: “La verità sull’omicidio di Giulio si avrà solo con l’intensificazione, non con l’interruzione del dialogo bilaterale”. E non rinnega la questione delle fregate Fremm da vendere all’Egitto. Vignarca (Rete disarmo): “Quello degli armamenti non è solo un aspetto commerciale, ma una scelta strategica di politica estera”

di Alice Facchini per Redattore Sociale

“Risultati nella ricerca della verità sull’omicidio di Giulio Regeni si avranno soltanto con l’intensificazione, non con l’interruzione dei rapporti. Allo stato è meglio un dialogo per quanto franco e a tratti frustrante piuttosto che l’interruzione dei rapporti”. Ci mette la faccia il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che ha parlato ieri per quasi due ore davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta per la morte di Giulio Regeni. Conte ha spiegato di aver chiesto al presidente egiziano Al Sisi, “una manifestazione tangibile di volontà” per fare chiarezza sull’omicidio del ricercatore italiano, e di aspettarsi già nei prossimi giorni una risposta. Non rinnega quindi i passi di avvicinamento compiuti verso l’Egitto, senza mai citare esplicitamente la questione delle fregate Fremm e della vendita di armi, ormai nota come la “commessa del secolo”. E mentre il presidente della Commissione Erasmo Palazzotto ribadisce che quello degli armamenti è un elemento cruciale, Lia Quartapelle del Partito democratico sottolinea: “Da quando lei è presidente del Consiglio, l’Egitto è passato da quarantaduesimo paese con cui commerciavamo armi, a decimo Paese nel 2018, a primo oggi”.

Ma in cosa consiste questa “commessa del secolo”? Si tratta della vendita da parte dell’Italia all’Egitto di due fregate multiruolo Fremm, che originariamente erano state costruite per la marina miliare italiana, oltre che di altre quattro fregate, 20 pattugliatori, 24 caccia multiruolo Eurofighter e altrettanti aerei addestratori M346. Per un totale di 9 miliardi di euro. “Quello degli armamenti non è solo un aspetto commerciale, ma una scelta strategica di politica estera – afferma Francesco Vignarca, coordinatore della Rete italiana per il disarmo, che ha lanciato la campagna #StopArmiEgitto –. A parte alcuni sporadici interventi, nell’incontro di ieri la questione armi non è stata a!rontata dalla Commissione nel modo giusto. Comunque valutiamo positivamente questo passaggio, perché il Parlamento è in parte riuscito a rimettere al centro il proprio ruolo rispetto al governo, ma non siamo soddisfatti dalle domande né dalle risposte di Conte”.

Se andasse in porto, questa commessa rappresenterebbe il maggiore contratto mai rilasciato dall’Italia dal dopoguerra e renderebbe l’Egitto il principale acquirente di sistemi militari italiani. “La scelta di un impegno di questo tipo con un governo estero deve essere discussa in Parlamento e non può essere lasciata a mera competenza del governo – continua Vignarca –. Qualora l’autorizzazione venisse emessa senza questo fondamentale passaggio, siamo pronti a intraprendere azioni legali: questa compravendita viola la legge 185 del 1990, che vieta le esportazioni di armamenti verso paesi implicati in un conflitto armato o i cui governi sono responsabili di accertate violazioni di diritti umani, a meno che non ci sia un passaggio parlamentare”.

Il riferimento implicito è alla guerra in Libia, in cui l’Egitto è il principale sostenitore del generale Haftar, che guida l’autoproclamato “Consiglio nazionale di transizione libico” che da anni è in conflitto col governo internazionalmente riconosciuto di Tripoli, che l’Italia sostiene. “Esportare armamenti all’Egitto significa, di fatto, fornire sistemi militari ad un paese che non solo non condivide, ma anzi avversa apertamente l’azione dell’Italia e della comunità internazionale per un processo di pacificazione in Libia”, spiega Vignarca.

E poi c’è la questione della violazione dei diritti umani, di cui l’omicidio Regeni è diventato il simbolo. In Egitto, a seguito del colpo di stato del generale Al-Sisi, ci sono state sparizioni forzate, arresti di massa, torture e gravi misure di limitazione della libertà, denunciate dalle organizzazioni per i diritti umani. “Le autorità egiziane non solo non hanno mai contribuito a fare chiarezza sull’omicidio di Giulio Regeni, ma hanno ripetutamente fornito ai magistrati italiani informazioni insu”cienti o parziali – conclude Vignarca –. L’Italia, inoltre, sta continuando a chiedere il rilascio di Patrick Zaky, lo studente egiziano dell’Università di Bologna in carcere al Cairo da più di quattro mesi. Questa nuova fornitura militare non solo è in chiara violazione delle norme vigenti, ma rappresenta un esplicito sostegno al regime repressivo di Al-Sisi”.