Il ricercatore e attivista Timmon Wallis ha appena pubblicato un libro prezioso che tenta di delineare una sequenza plausibile di eventi che possa portare alla totale eliminazione delle armi nucleari. Smonta il mito della “deterrenza” e fa nomi e cognomi di chi lucra sulla minaccia esistenziale per l’umanità. Un appello all’azione e una strategia politica collettiva che investono direttamente anche l’Italia. Una mia recensione (con intervista) per Altreconomia.
Più che un programma, una “mappa” per arrivare alla destinazione di un mondo che si metta alle spalle quelle armi di distruzione di massa utilizzate per la prima volta ottant’anni fa a Hiroshima e Nagasaki.
È ciò che cerca di definire il nuovo libro di Timmon Wallis “Nuclear abolition: a scenario”. Che tratteggia una serie di scelte politiche messe in fila in maniera studiata e meticolosa, senza però rimanere su una prospettiva fredda da analista ma utilizzando questo possibile scenario come appello all’azione. Perché in questo libro ingegnoso, e in un certo senso ambizioso, Wallis cerca di delineare una sequenza plausibile di eventi che possa portare alla totale eliminazione delle armi nucleari.
Mentre in tanti, anche giustamente, descrivono i possibili scenari di distruzione totale derivante dalla minaccia esistenziale posta da questi armamenti lui cerca di trasformare in concatenazione concrete di decisioni positivi il richiamo urgente e ideale al disarmo nucleare. Per toglierlo dallo scaffale delle “belle idee” ingenue e utopiche e renderlo invece quello che le organizzazioni della società civile che si battono per realizzarlo hanno da sempre in mente: una vera e propria strategia politica collettiva.
In questa sua nuova fatica Wallis attinge alle sue opere precedenti per sintetizzare decenni di attivismo per la pace e studi sul controllo degli armamenti in un unico testo. A partire, ovviamente, da un duro promemoria di quanto il mondo sia ancora vicino alla catastrofe nucleare con il richiamo all’”Orologio dell’Apocalisse” del Bulletin of the atomic scientists: attualmente siamo a soli 89 secondi dalla mezzanotte dell’umanità.
Nei primi capitoli si passano in rassegna i casi storici di incidenti sfiorati e i difetti strutturali del sistema di “comando e controllo” nucleare, sostenendo in modo convincente che la continua esistenza di queste armi non solo è pericolosa ma anche irrazionale. Attraverso esempi convincenti, come testate nucleari perse in mare, bombardamenti accidentali ed errori militari, Wallis smonta il mito del freddo funzionamento dato per scontato della “deterrenza nucleare” che invece, essendo basata su assunti impossibili da ottenere nell’attuale situazione degli arsenali e di chi li controlla, possiede una pericolosa instabilità intrinseca.
La parte centrale e fondamentale del libro descrive invece lo scenario di messa al bando, descritto non in modo definitivo e assoluto ma presentato come una catena di eventi credibile e realizzate. Si tratta ovviamente di ipotesi speculative che però originano e si radicano in possibilità politiche, diplomatiche e popolari concrete. Il susseguirsi di questo percorso è declinato in quattro parti: abolizione nucleare, pressioni globali, pressioni statunitensi e fase finale. Ogni sezione descrive un susseguirsi di decisioni sociali e politiche che si sviluppano progressivamente, a partire da una fase di advocacy internazionale (in cui fondamentalmente ci troviamo ora) e arrivando all’abbandono delle armi nucleari da parte di tutti gli Stati che le possiedono.
Efficace è il modo in cui Wallis utilizza il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (Tpnw) che viene considerato non un testo o gesto simbolico ma un quadro giuridico e strategico praticabile per l’abolizione. Che fornisce quindi una vera “mappa” per l’azione di chi vuole ottenere un disarmo nucleare globale e concreto. Nei capitoli sulle “pressioni globali”, Timmon Wallis accompagna i lettori attraverso una serie di tappe diplomatiche fondamentali: dai voti delle Nazioni Unite alla ratifica dei trattati, alla legislazione nazionale e alle azioni di disinvestimento economico. Queste sezioni sono arricchite da una struttura abilmente ripetitiva: ogni situazione specifica e caso di studio include una “Mossa esemplare”, un “Passo successivo” cruciale che mette in modo una dinamica di successo positiva e un “Premio finale” che ne delinea e definisce il risultato ottenuto. Ciò permette al lettore di appassionarsi come in un romanzo al susseguirsi di tappe verso l’obiettivo finale, e quasi a visualizzare come lo slancio verso l’abolizione delle armi nucleari potrebbe crescere in diverse regioni del mondo.
Particolarmente interessante e importante per il lettore italiano è poi il capitolo in cui si offre una visione convincente di come due Paesi chiave della Nato, l’Italia e la Germania, potrebbero guidare le scelte per arrivare a smantellare la presenza nucleare statunitense in Europa. Wallis intreccia il contesto storico, l’attuale posizionamento dell’opinione pubblica e la volontà delle forze politiche cercando di evidenziare come una pressione continua della società civile e un’azione parlamentare focalizzata potrebbero spingere entrambi questi Stati a chiedere la rimozione delle bombe B61 statunitensi dai propri territori. Immaginando un effetto domino in cui l’attivismo locale si intensifica fino a provocare cambiamenti nello scenario politico nazionale che culminano in annunci coordinati da parte di Roma e Berlino sul rifiuto ad ospitare armi nucleari. Il capitolo sottolinea l’importanza della sovranità di ciascun Paese, degli obblighi legali previsti dal Tpnw e dell’impatto e forza crescenti dei movimenti antinucleari. Sebbene speculativa, come tutto il libro, anche questa sezione si basa su dinamiche reali e possibili, delineando in modo persuasivo come una mossa così audace e al momento impensabile potrebbe invece catalizzare più ampi sforzi di disarmo da parte della Nato e a livello globale.

Ecco come Wallis descrive i passi che potrebbero coinvolgere l’Italia in questo percorso globale di abolizione delle armi nucleari: “Nel nostro scenario, i partiti di destra hanno perso popolarità. L’influenza degli Stati Uniti non può competere con il massiccio sostegno al Tpnw da parte dei cittadini italiani, delle città, del Parlamento, dei sindacati e delle Ong. E da quando la Spagna ha compiuto quel passo decisivo e ha firmato il Tpnw, l’Italia non ha più argomenti per rimanere fuori. […] Il nostro ipotetico ‘Orologio dell’Apocalisse’ torna indietro di 10 minuti, alle 23:00:00, dopo che l’Italia ha firmato il Tpnw. […] La firma dell’Italia non significherebbe che le armi nucleari statunitensi debbano essere immediatamente rimosse dal suolo italiano. Il Tpnw stabilisce una tempistica di 90 giorni in tal senso solo una volta che il Trattato è stato ratificato e lo strumento di ratifica è stato depositato presso l’Onu. Tuttavia, la rimozione delle armi nucleari statunitensi dall’Italia a questo punto del nostro scenario mina tutto ciò che gli Stati Uniti affermano riguardo alle armi nucleari come ‘ombrello’ per i propri alleati, e rappresenta una grave battuta d’arresto per l’industria delle armi nucleari”.
Altrettanto avvincenti sono i capitoli dedicati alle pressioni interne negli Stati Uniti. Wallis non esita a fare nomi e cognomi, sia di esponenti politici sia di aziende a contratto del Pentagono che traggono profitto dalla produzione di armi nucleari. Attraverso un mosaico di risoluzioni di consigli comunali, iniziative a livello di Stati federali e un crescente attivismo pubblico, il dispiegarsi delle ipotesi di scenario mostra come l’azione locale possa erodere l’impunità delle aziende e rimodellare il dibattito pubblico sulla sicurezza nazionale statunitense. Wallis sostiene che, proprio come i movimenti di disinvestimento hanno contribuito a porre fine all’apartheid e a sfidare le grandi aziende del tabacco, così possono anche far sgretolare il complesso militare-industriale legato alle armi nucleari.
Nel testo vengono alternate esposizioni fattuali e sezioni immaginarie sul futuro possibile con diverso segno tipografico, per segnalare chiaramente ciò che è reale e ciò che è speculativo. Questa scelta stilistica evita confusione e permette al lettore di sognare una vera abolizione insieme all’autore pur rimanendo ancorati alla realtà esistente. I momenti romanzati, come le città che tagliano i fondi alle aziende nucleari o gli Stati che decidono di eliminare dal proprio territorio le armi nucleari statunitensi, non hanno dunque il sapore di fantasie utopistiche ma di possibilità politiche e decisionali attentamente studiate.
Ciò che rende “Nuclear Abolition: a scenario” efficace è il suo equilibrio tra avvertimenti allarmistici e ottimismo pratico. Il libro non minimizza la minaccia né si arrende al fatalismo. Lo “scenario” presentato non è garantito, ma è fattibile. Richiede un’azione da parte delle città, degli Stati, della società civile e della comunità internazionale, e Wallis mostra ai lettori come e da dove cominciare.
Per questo gli abbiamo domandato da dove sia scaturita questa idea interessante e stimolante.
Wallis, lei ha una vasta esperienza sia come analista sia come attivista per il disarmo nucleare. Perché ha pensato che fosse giunto il momento di scrivere un libro che descrive uno scenario concreto per l’effettiva abolizione di queste armi? Questo approccio non è forse un po’ “ingenuo”, considerando che le minacce nucleari sono ai massimi livelli storici?
TW Negli anni 80 ero un attivista antinucleare nel Regno Unito. Vivevo in un campo per la pace fuori dalla base Raf di Molesworth, dove stavano costruendo una base per ospitare missili da crociera nucleari statunitensi. Ho visto arrivare i missili e li ho visti anche portare via, dopo la firma del Trattato Inf. Volevo capire quale impatto, se ce n’era stato, avessero avuto le nostre azioni nonviolente a Molesworth -e il movimento pacifista in generale- sulle decisioni che hanno portato al trattato Inf. Così ho intervistato decine di attivisti e sostenitori in tutta Europa e negli Stati Uniti, ho studiato i processi decisionali dell’amministrazione Reagan e le decisioni prese in altre capitali europee. La mia conclusione (che mi è valsa un dottorato di ricerca alla Bradford School of Peace Studies) era che numerosi fattori avevano contribuito a impedire una guerra nucleare totale negli ultimi giorni della Guerra fredda. Ma un fattore assolutamente decisivo era costituito dalle pressioni economiche e finanziarie esercitate sulle grandi aziende statunitensi che producevano armi nucleari e determinavano la politica nucleare dell’amministrazione Reagan. Eccoci quindi di nuovo qui, 40 anni dopo, con un riarmo nucleare simile a quello di Reagan che aumenta ogni giorno il rischio di una guerra nucleare, sia accidentale sia intenzionale. Per molte ragioni, il rischio è ancora maggiore oggi rispetto a 40 anni fa. Ciò che è davvero “ingenuo” è pensare che questa situazione possa continuare così senza portare a una catastrofe totale per l’intero Pianeta. Quindi, ancora una volta, le persone si stanno ribellando come hanno fatto negli anni 80. Solo che questa volta c’è un nuovo elemento che potrebbe cambiare le carte in tavola. Con il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (Tpnw), i Paesi di tutto il mondo hanno a disposizione un potente strumento per esercitare pressione, ancora una volta, sulle aziende produttrici di armi nucleari. E stanno già iniziando a usarlo. Se a questo si aggiungono le pressioni provenienti dalle città e da ogni tipo di istituzione negli Stati Uniti (dove le città hanno il potere di approvare le proprie leggi), credo che si possa arrivare a un punto di svolta decisivo per allontanare queste aziende dalle armi nucleari una volta per tutte. Ecco perché sto cercando di mostrare ora cosa potrebbero fare il Tpnw e le pressioni sulle aziende per eliminare queste armi prima che siano loro a eliminare noi.
Nel libro descrive quanto sarebbe cruciale la decisione dell’Italia di aderire al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari e, ancora prima, di liberarsi delle testate statunitensi. Può spiegare perché questo è così importante? Perché, in realtà, molte persone in Europa (Francia e Regno Unito a parte) pensano che, dato che i nostri Paesi non possiedono armi nucleari, non ci sia nulla che possiamo fare.
TW Essendo uno dei pochi membri della Nato a ospitare armi nucleari statunitensi sul proprio territorio, l’Italia ha un ruolo cruciale da svolgere nel processo di eliminazione di queste armi. Nel mio scenario immaginario molti altri passi saranno già stati compiuti prima che l’Italia sia disposta a firmare il Tpnw e a sbarazzarsi delle testate statunitensi. Tra questi vi è l’adesione al trattato da parte di altri Paesi come l’Australia e la Spagna. Come l’Italia, questi sono importanti alleati militari degli Stati Uniti, anche se non ospitano armi nucleari sul loro territorio. E come l’Italia, questi Paesi hanno movimenti pacifisti molto forti che chiedono l’abolizione delle armi nucleari. Ma nel caso dell’Australia, ad esempio, lo stesso primo ministro è (presumibilmente) impegnato a favore del Tpnw e dell’abolizione nucleare. E in Spagna c’è una possibilità molto concreta che alle prossime elezioni tornino al potere partiti che hanno un impegno simile. Quindi, l’Italia si trova a un bivio cruciale tra Paesi come l’Australia e la Spagna (e i Paesi scandinavi), che molto probabilmente firmeranno il Tpnw prima di lei, e altri Paesi che ospitano armi nucleari come il Belgio, i Paesi Bassi e la Germania, che potrebbero essere quelli successivi se l’Italia lo firmerà per prima.