home Parole e notizie La cultura della cura come percorso di pace

La cultura della cura come percorso di pace

Un commento per il numero di “Vita Olgiatese” del 20 dicembre 2020

 

Il Messaggio diffuso in questi giorni da Papa Francesco per la 54ª Giornata Mondiale della Pace (celebrata come tradizione il 1 gennaio) è un interessante punto di arrivo di concetti e idee già richiamate nei suoi precedenti testi per la medesima ricorrenza. In particolare è opportuno notare come il Papa negli ultimi anni, e non solo nei messaggi specifici per la Giornata Mondiale della Pace, si sta concentrando sugli strumenti che ci permettono gettare le basi per un percorso concreto (locale, nazionale, mondiale) di costruzione di una società di giustizia. Non è quindi solo la tematica specifica “della Pace” ad interessare il Santo Padre quanto piuttosto le modalità collettive con cui poter operare in tale prospettiva. 

Anche nel messaggio che ci ha chiesto di meditare per il prossimo 1 gennaio 2021, durante una situazione di pandemia che ha davvero messo alla prova tutti noi, il centro è uno strumento (che Francesco sia nel titolo che nel testo definisce “percorso e bussola”): la cultura della cura. Una cura che abbiamo riscoperto come fondamentale nei mesi passati a cercare di attutire l’impatto negativo del Covid-19 ma che non va abbandonata anche in prospettiva, e servirà quotidianamente nel futuro se la nostra intenzione è davvero quella di migliorare il mondo. 

Dopo una carrellata di importanti spunti biblici, evangelici, della tradizione della dottrina sociale della Chiesa, Papa Francesco ci dona nella parte fondamentale (a mio parere) del suo testo alcune tracce profonde sugli strumenti (ancora una volta!) da attivare collettivamente per rendere concreta questa cura così importante. La promozione della dignità e dei diritti di ogni persona, nel quadro ampio del bene comune. La cura agita e concretizzata mediante la solidarietà. La salvaguardia del Creato come orizzonte ampio di realizzazione di ogni Vita, unica e preziosa: “Pace, giustizia e salvaguardia del creato sono tre questioni del tutto connesse, che non si potranno separare in modo da essere trattate singolarmente” richiama con nettezza il Papa. E proprio il termine salvaguardia è rilevante in questo contesto (e sta già guidando l’approccio e le campagne di molte organizzazioni che si adoperano per la pace di disarmo) e dovrà emergere ancora maggiormente in futuro. Perché la Pace vera non potrà essere più basata su un concetto di “difesa” che è scivolato di recente in una semantica che richiama troppo una mera protezione egoistica di un proprio privilegio e sulla conseguente “esclusione” dell’altro, del diverso, del più debole… Dobbiamo invece fare riferimento ad un concetto di cura reciproca, che è basilare per costruire un mondo in Pace.

Certo il Papa non si dimentica dei meccanismi che contrastano la costruzione della pace e che molte volte sono stati già sottolineati da lui e dai suoi santi predecessori ,in particolare a partire dall’enciclica “Pacem in Terris” del Beato Giovanni XXIII per continuare nella “Populorum Progressio” e nei messaggi per il 1 gennaio del Beato Paolo VI. Ed è per questo che il Santo Padre ricorda come le guerre stiano diventando endemiche: “Purtroppo molte regioni e comunità hanno smesso di ricordare un tempo in cui vivevano in pace e sicurezza. Numerose città sono diventate come epicentri dellinsicurezza: i loro abitanti lottano per mantenere i loro ritmi normali, perché vengono attaccati e bombardati indiscriminatamente da esplosivi, artiglieria e armi leggere. […] Le cause di conflitto sono tante, ma il risultato è sempre lo stesso: distruzione e crisi umanitaria”.

Ma tutto questo non si potrà mai superare se non decideremo di iniziare a curare e coltivare gli strumenti di costruzione per la pace già richiamati nei precedenti Messaggi: la nonviolenza, la buona politica, il dialogo e la conversione ecologica. Tutti riassunti in una cultura della cura reciproca a cui dobbiamo dare gambe concrete. Ed è qui che il sogno di Papa Francesco si trasfigura in quello di Isaia: “Quanta dispersione di risorse vi è per le armi, in particolare per quelle nucleari, risorse che potrebbero essere utilizzate per priorità più significative per garantire la sicurezza delle persone, quali la promozione della pace e dello sviluppo umano integrale, la lotta alla povertà, la garanzia dei bisogni sanitari. Anche questo, daltronde, è messo in luce da problemi globali come lattuale pandemia da Covid-19 e dai cambiamenti climatici. Che decisione coraggiosa sarebbe quella di costituire con i soldi che simpiegano nelle armi e in altre spese militari un Fondo mondiale per poter eliminare definitivamente la fame e contribuire allo sviluppo dei Paesi più poveri!”. Facciamolo insieme, prendendoci cura l’uno degli altri.

 

Francesco Vignarca

Coordinatore Campagne – Rete Italiana Pace e Disarmo