Il 16 luglio 1945 nel Nuovo Messico inizia l’era atomica (poi nucleare) dell’umanità, in un deserto tutt’altro che spopolato. Da allora gli Stati “nucleari” hanno sconvolto le vite di milioni di persone (specie comunità native), colpite anche nell’ambito dei programmi di sperimentazione. Per arrivare all’attualità, con la folle e prepotente logica della deterrenza che si è fatta politica globale. La messa al bando non è mai stata così urgente. Alcune mie considerazioni, per Altreconomia.
Il 16 luglio 1945 nel poligono di Alamogordo in Nuovo Messico inizia l’era atomica (che poi diventerà nucleare) dell’umanità, con la detonazione del primo ordigno nucleare nell’ambito del “Trinity test”. La minaccia esistenziale portata dalle armi più distruttive mai inventate, pur a distanza di 80 anni, non è stata superata e anzi la cronaca delle tensioni degli ultimi tempi ha riportato al centro del dibattito (e addirittura di nuove idee di proliferazione) gli arsenali nucleari.
Per questo motivo è utile ripartire dal “momento zero”, rileggendone la portata (e il lascito sia ideale sia “fisico”) come già fatto nel libro che ho scritto per Altreconomia “Disarmo nucleare” perché il momento che ha dato avvio all’era degli ordigni atomici ha anche segnato l’inizio del cammino per la loro messa al bando.
L’alba dell’era atomica, con il sorgere di un nuovo sole di distruzione, si può individuare con un’ora, una data, e un luogo. Le 5:29:45 del 16 luglio 1945, il sito di test “Trinity” situato nel deserto della Jornada del Muerto (nome evocativo…) del Nuovo Messico (Usa). In Giappone era già la sera dello stesso giorno. Solo tre settimane dopo, il 6 agosto del 1945, alle 8:15 la più grande forza distruttiva mai progettata e costruita dall’uomo fu impiegata per sottrarre la vita a centinaia di migliaia di persone e cancellare un’intera città: Hiroshima. La prima esplosione atomica avvenne meno di cinquant’anni dopo la scoperta della radioattività, che risale al 1896, e portò a un culmine epocale e drammatico molti percorsi della ricerca fisica e della tecnologia. L’ordigno chiamato eufemisticamente ‘gadget’ nei laboratori del Progetto Manhattan esplose con un’energia equivalente a 25 chilotoni di tritolo. La sabbia del deserto, composta in gran parte da silice, si sciolse e si trasformò in un vetro verde chiaro appena radioattivo, che fu poi denominato trinitite. L’esplosione ebbe come risultato un cratere profondo 1,4 metri e largo 80 metri. Il raggio dello strato di trinitite fu poi valutato in circa 300 metri.
Al momento della detonazione, le maestose montagne circostanti della Sierra oscura, altro nome molto evocativo, vennero all’improvviso illuminate ‘più del giorno’ per uno o due secondi, con un calore trasmesso di alcune centinaia di gradi che si propagò persino a chilometri di distanza dal punto di “Trinity”. La spettacolare nuvola atomica, risultato dell’esplosione della bomba, raggiunse un’altitudine di oltre 12 chilometri.
Gli scienziati, presenti durante l’esperimento, ebbero modo di osservare un fenomeno straordinario: i colori della nuvola cambiarono in modo progressivo, passando dal viola al verde, per poi trasformarsi in un candido bianco. Questo spettacolo surreale rimase impresso nella loro memoria. Il boato dell’onda d’urto, in ritardo rispetto al lampo di luce, impiegò circa quaranta secondi per raggiungere i primi osservatori e fu percepito anche a oltre 150 chilometri di distanza. Questo fragore potente e spaventoso è stato considerato l’aspetto più impressionante e terrificante di quella esplosione. Ancora oggi, quel tuono terrificante echeggia nel deserto e nel mondo intero, rappresentando un monito e una minaccia costante.

Quel momento spartiacque nella storia nel Nuovo Messico non è però da ricordare solo per la sua terribile spettacolarità e per gli aspetti tecnici di un progetto (il cosiddetto “Manhattan”) che ha consentito un balzo scientifico e tecnico mai visto prima.
Quello che va ricordato sono, soprattutto, le conseguenze di quell’esplosione. Gli attacchi statunitensi a Hiroshima e Nagasaki qualche settimana dopo la detonazione della prima bomba ad Alamogordo hanno dimostrato che le armi nucleari non possono essere utilizzate senza causare danni catastrofici a livello intergenerazionale. La minaccia che le armi nucleari possano essere usate di nuovo in un conflitto o per incidente, oggi, è alta, e per sventarla occorre guardare indietro. Non solo agli impatti sulle città giapponesi (ben descritti dalle coraggiose parole degli Hibakusha, i sopravvissuti alle armi nucleari) ma anche nelle comunità, native, degli Stati Uniti toccate dai test (svolti in quel momento senza effettiva consapevolezza delle conseguenze).
Gli eventi di 80 anni fa del Nuovo Messico sono infatti spesso trascurati perché si vuole dimenticare che il governo degli Stati Uniti, prima di Hiroshima e Nagasaki, ha bombardato il suo stesso popolo. Va ricordato come la bomba al plutonio fatta esplodere al poligono di Alamogordo (in seguito ribattezzato White sands proving ground) il 16 luglio 1945 avesse lo stesso impianto progettuale di quella utilizzata poche settimane dopo contro Nagasaki, che causò la morte di almeno 70mila persone. Mentre l’ordigno utilizzato per uccidere 140mila persone a Hiroshima -e già in assemblaggio nelle Filippine prima dello stesso “Trinity test”, che dunque non aveva affatto scopo di “prova finale”- era una bomba all’uranio. E anche continuare a definire quella deflagrazione un “test” sminuisce l’idea della potenza distruttiva e dei danni che l’esplosione nucleare ha scatenato sulle persone che vivevano nelle vicinanze: non si trattava infatti di una regione spopolata come spesso si sostiene (e come viene rappresentato nel recente e celebre film “Oppenheimer”) oltre che sull’ambiente. Il fallout dell’esplosione raggiunse addirittura 46 Stati degli Usa, diffondendosi fino in Canada e naturalmente in Messico.
Nonostante il parere degli esperti medici del tempo, il governo statunitense non fece alcuno sforzo per evacuare la popolazione né prima né dopo l’esplosione: alcune persone hanno addirittura giocato con i fiocchi bianchi che sono scesi su di loro come conseguenza della detonazione. Per questo vengono anche definiti “downwinders”. Tra loro, gli abitanti di Tularosa (città a 64 chilometri dal Trinity site) che vennero svegliati di soprassalto a causa del boato e su cui cadde cenere per giorni: “Si è depositata su tutto, è andata dappertutto, sul suolo, sull’acqua. Tutto ciò che mangiavano o bevevano nel 1945 dopo il test era contaminato, ma non lo sapevano”, ha raccontato l’attivista per il disarmo nucleare Tina Cordova (il cui padre era un bambino all’epoca ma ha sofferto per tutta la vita di tumori ed è morto di questa malattia all’età di 71 anni).
Dal primo utilizzo nel Nuovo Messico, gli Stati dotati di armi nucleari hanno colpito e procurato danni a tantissime persone facendo esplodere gli ordigni per testarli. Tutti i Paesi dotati di armi nucleari hanno bombardato -nei loro programmi di sperimentazione nucleare militare- milioni di persone che avrebbero invece dovuto proteggere. Non a caso le comunità abitanti le aree geografiche selezionate per queste esplosioni sono state quasi sempre minoranze colonizzate o indigene, senza che avessero alcuna voce o scelta a riguardo.
Le comunità colpite dalle esplosioni di test nucleari in tutto il mondo, compresi gli Stati Uniti, si sono organizzate e hanno fatto pressione affinché i governi iniziassero a fornire assistenza sanitaria, sostegno e risarcimento alle persone danneggiate. Sono le stesse comunità in prima linea negli sforzi globali per abolire le armi nucleari attraverso il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (Tpnw), che è l’unico trattato a imporre ai propri Stati Parti il sostegno alle persone danneggiate e la bonifica degli ambienti contaminati.
I governi che possiedono armi nucleari al contrario non si preoccupano dell’impatto sulle persone, e alcuni di loro cercano addirittura di fermare la ricerca scientifica su come le armi nucleari danneggiano le persone e l’ambiente. Se avessero a cuore i propri popoli e cittadini non solo sosterrebbero questa ricerca, ma inizierebbero fin da subito l’eliminazione dei propri arsenali nucleari.
“Il luogo del ‘Trinity test’ non era un deserto vuoto, come alcuni sostengono, ma ospitava popolazioni indigene e altre comunità locali composte da famiglie, bambini, lavoratori e agricoltori -ha spiegato ancora Melissa Parke direttrice esecutiva della Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari (Ican)-. C’erano piante e animali e luoghi sacri. Quello che commemoriamo oggi non è stato un evento storico di 80 anni fa con scarsa rilevanza per l’oggi. L’esplosione del Trinity è stata solo l’inizio della storia delle armi nucleari, e siamo onorati di unirci a tutti gli uomini e le donne di buona volontà per scriverne la fine”.