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Scienza contro le armi e per la Pace

Si è conclusa a Milano nello scorso weekend la Quinta edizione della Conferenza Mondiale “Science for Peace”, organizzata da Fondazione Veronesi. Il tema di quest’anno è focalizzato sull’Europa e il suo “DNA”. Ospite d’onore di questa edizione la premio Nobel per la Pace Jody Williams, premiata per la sua conduzione della Campagna Internazionale contro le Mine Antipersona e ora impegnata sulle questioni di genere con la Nobel Women’s Initiative ed anche a supporto della campagna “Stop Killer Robots”.
La Rete Italiana per il Disarmo ha collaborato con “Science for Peace” fin dalla prima edizione relativamente alle tematiche legate al disarmo, al controllo degli armamenti ed alle spese militari. Il contributo di quest’anno si è sostanziato soprattutto in una tavola rotonda dedicata alle spese militari in Europa e alla prospettiva di un esercito comune per l’UE (tra gli ospiti il Generale Fabio Mini, uno dei più importanti ed innovativi analisti militari) con la sessione “Mercato senza crisi. Spese militari in UE”.
Per l’occasione – e qui si entra nei contenuti – sono state anche aggiornate le ricerche sviluppate dal progetto Science for Peace nelle prime quattro edizioni, iniziative riguardanti soprattutto le questioni inerenti la spesa militare e il commercio di armamenti. Con questi lavori (gestiti e realizzati da istituzioni attive nel campo e con competenza specifica) si è voluto dare un contributo con basi “scientifiche” alla discussione su questi importanti aspetti riportando dati certi ed analisi il più possibile basate sulle evidenze.
Senza un punto di partenza di questo genere è infatti impossibile cercare di mettere in opera scelte politiche (di fondo o più specifiche) che possano costruire un percorso di Pace reale e un’inversione di rotta rispetto alle attuali condizioni mondiali di questi comparti. L’andamento dell’economie e della politica mondiale che ha contraddistinto questi ultimi cinque anni ha confermatole premesse e le riflessioni su cui sono stati costruite tali ricerche.
Il risultato sotto gli occhi di tutti è che il mondo continua ad armarsi cercando ingenuamente nelle armi la propria sicurezza e la stessa Europa non è ancora riuscita a ritagliarsi un ruolo di grande potenza politica guida a livello internazionale. Anzi, sta creando disaffezione a riguardo della propria stessa esistenza. Per invertire la rotta alcune scelte sono già a disposizione.

ESERCITO EUROPEO
Secondo un recente rapporto Bertelsmann Stiftung ridurre di un terzo il numero dei soldati effettivamente schierabili in missione da parte di tutti gli eserciti europei comporterebbe un immediato risparmio di circa 9 miliardi di euro di spesa complessiva.
Una ricerca dello IAI (Istituto Affari Internazionali) ha invece mostrato che razionalizzare l’esercito europeo in un’unica forza sugli stessi livelli di standard ed efficienza delle Forze Armate USA (prese come punto di riferimento operativo-militare, al di là del modello di difesa) permetterebbe un risparmio fino ad anche 120 miliardi di euro complessivi (di cui fino ai 14 per la sola Italia).

ALTERNATIVE NELLA GESTIONE DEI CONFLITTI
Come evidenziato anche dal rapporto sul Global Peace Index elaborato dall’Institute for Economics and Peace il costo complessivo per il contenimento della violenza su scala sociale (stimato come il totale di attività economica legato alle conseguenze o alla prevenzione della violenza, sia intesa contro le persone che contro la proprietà) è stato di 9.460 miliardi dollari nel 2012, pari all’11% del PIL mondiale.
Mettendo in atto strategie per eliminare o almeno ridurre tale fardello si libererebbero ingenti risorse positive; con una riduzione di circa il 50% della violenza si potrebbe:

1 ripagare il debito del terzo mondo (oltre 4000 miliardi di dollari);
2 fornire fondi sufficienti per il meccanismo europeo di stabilità (circa 900 miliardi);
3 finanziare la somma aggiuntiva richiesta per ottenere il costo annuale degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (www.un.org/millenniumgoals).

RIDUZIONE DELLA SPESA MILITARE
Tralasciando l’aspetto che non si andrebbe a investire in strutture legate alla preparazione di guerra e conflitti, la riduzione delle spese militari con spostamento di risorse avrebbe un vantaggio anche in termini di posti di lavoro creati. Ecco le stime più aggiornate:
Per ogni milione di dollari investito dal settore pubblico nei seguenti campii posti di lavoro diretti creati sono:
SPESA MILITARE 8,3
COSTRUZIONE DI STRUTTURE residenziali e non 11,1
TECNOLOGIE PER ENERGIE RINNOvABILI 12
CURA SANITARIA 14,3
EDUCAZIONE PUBBLICA 15,5

GLI OBIETTIVI DEL MILLENNIO 

Uno studio OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha mostrato che per raggiungerli sarebbero sufficienti ogni anno circa 120 miliardi di dollari, da aggiungere agli attuali 60 già messi a disposizione in diversa misura dagli Stati più ricchi. 180 miliardi totali che le spese militari raggiungono in meno di sei settimane.
Il mondo continua a investire in strade armate anziché provare a costruire, con tutte le difficoltà del caso, delle strutture e meccanismi sovranazionali e condivisi in cui gestire i conflitti e provare a ridistribuire le ricchezze. Lo testimonia il fatto che un solo giorno e mezzo di spese militari nel mondo (dati 2012) equivale al budget complessivo annuale delle Nazioni Unite che si attesta in media sui 7 miliardi di dollari.
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IL PDF CON L’AGGIORNAMENTO APPROFONDITO DI TUTTE LE RICERCHE DI SCIENCE FOR PEACE AL SEGUENTE LINK >> 013_SfP_ricerche_05