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Come utilizzare i fondi europei per investire nella pace

Articolo scritto per “Domani”, con Sergio Bassoli.

  • L’impatto devastante di Covid-19 porta a uno sforzo comune che va utilizzato come occasione di riequilibrio e modifica strutturale di quegli aspetti già deficitari ben prima della pandemia.

  • Sarebbe un errore muoversi senza considerare una prospettiva di pace, intesa nel suo senso positivo di accesso universale ai diritti con una costruzione sociale attenta alle opportunità di tutti.

  • La Rete Italiana Pace e Disarmo, composta da oltre 70 organizzazioni della società civile e sindacati che hanno scelto di lavorare congiuntamente, ha elaborato proposte concrete e tracce di lavoro per il Pnrr.

Con i fondi di Next generation EU l’Italia e l’Europa hanno un’occasione in più di costruire un futuro positivo. L’impatto devastante di Covid-19 ha portato per la prima volta a uno sforzo comune che non va sprecato in una “semplice” ricostruzione, ma utilizzato come occasione di riequilibrio e modifica strutturale di quegli aspetti già deficitari ben prima della pandemia. Sarebbe un fatale errore, in questo senso, muoversi senza considerare una prospettiva di pace, intesa nel suo senso positivo di accesso universale ai diritti con una costruzione sociale attenta alle opportunità di tutti, e considerarla solo un sottoprodotto o come elemento “etico” di contorno.

In realtà un’economia sana basata su giustizia sociale distributiva e quindi capace di generare un ritorno positivo a lungo termine non può esistere se non viene impostata su un approccio di pace. Lo dimostrano i dati sull’impatto economico della violenza e dei conflitti, valutato dall’Institute for Economics & Peace di Sydney in 14.400 miliardi di dollari corrispondenti al 10,5 per cento del pil mondiale (circa 1.900 dollari per ogni abitante del pianeta). Un costo che si potrebbe specularmente trasformare in una grande opportunità economica. Non a caso i paesi che negli ultimi anni hanno visto deteriorare i propri livelli di violenza o conflitto hanno registrato perdite sul pil, al contrario di chi ha vissuto periodi di miglioramento. Se tutti i paesi del mondo si portassero su alti livelli nel Global Peace Index la conseguente riduzione della violenza si tradurrebbe in un risparmio di 3,6 trilioni di dollari nel prossimo decennio.

LE PROPOSTE DI 70 ORGANIZZAZIONI E SINDACATI

Per questi motivi la Rete Italiana Pace e Disarmo, composta da oltre 70 organizzazioni della società civile e sindacati che hanno scelto di lavorare congiuntamente su questi temi, ha elaborato un documento di proposte concrete e tracce di lavoro per il Pnrr (piano nazionale di ripresa e resilienza). Sappiamo bene che i punti fondamentali da realizzare nei prossimi anni sono tanti: investire nel sistema sanitario pubblico universale, nella scuola, nella messa in sicurezza del nostro territorio; nell’industria e nella produzione pulita, sostenibile, civile e nel lavoro stabile, sicuro e con diritti; e poi ancora nell’economia disarmata, nella cooperazione e nella solidarietà, tanto dentro il nostro paese quanto fuori, costruendo partnership con le popolazioni dei paesi in difficoltà. Siamo convinti che tutto ciò non sia realizzabile senza un approccio che metta come risultato ultimo una pace positiva costruita su principi di giustizia e realizzata con metodo e politiche nonviolente.

Si parte dalla consapevolezza della necessità di una nuova politica estera che definisca come interesse nazionale il co-sviluppo con i paesi in difficoltà e metta al centro soluzioni negoziate dei conflitti, partendo da uno spostamento dei consistenti fondi oggi dedicati alle missioni militari all’estero verso la cooperazione e gli aiuti allo sviluppo in applicazione all’Agenda 2030. Una trasformazione necessaria anche in ambito economico, perseguendo la riconversione dell’industria militare all’industria civile, con fondi per lo sviluppo locale sostenibile, considerando che diversi studi dimostrano come da quest’ultimo ambito possa derivare un ritorno occupazionale ed economico più robusto e che si mantiene nel tempo (su questo punto la proposta chiara è quella di istituire un’agenzia nazionale per la riconversione, dotandola di fondi necessari per ricerche e studi).

EDUCARE ALLA PACE

Per noi è poi strategico continuare a promuovere una forma istituzionale di Difesa civile non armata e nonviolenta, riattivando il percorso di discussione e di approvazione della proposta di legge di iniziativa popolare della scorsa legislatura: una riforma organica del sistema di difesa del nostro paese, in ottemperanza con gli articoli 11 e 52 della costituzione. I punti cardine di tale proposta sono politiche che favoriscano i Corpi civili di pace e un Istituto di ricerche sulla Pace e il Disarmo, con forme di interazione e collaborazione con il dipartimento della Protezione civile, il dipartimento dei vigili del fuoco e il dipartimento per le Politiche giovanili e il servizio civile universale.

Quest’ultimo è uno strumento sociale cruciale il cui contingente annuo deve essere potenziato e stabilizzato: i 250 milioni già chiesti all’Europa che si aggiungono ai 400 stanziati per il 2021 e il 2022 dal governo devono trasformarsi in opportunità annuali di servizio per almeno 80mila giovani. Le competenze da loro acquisite nell’anno di servizio civile universale devono essere valorizzate al massimo: l’Italia e l’Unione europea hanno tutto da guadagnare da giovani generazioni che sono consapevoli delle competenze (civiche, trasversali e professionali) di cui sono portatrici. Così come è fondamentale che l’educazione alla pace, alla nonviolenza e al rispetto dei diritti umani venga inserita nei programmi scolastici a tutti i livelli – dall’infanzia all’università – e trovi spazio nella programmazione dei canali radio-televisivi pubblici, prevedendo di inserire nel consiglio di amministrazione Rai e la commissione parlamentare di vigilanza della Rai una figura competente per la promozione dell’educazione alla pace.