home Parole e notizie Il disarmo nucleare, prima che si apra il «vaso di Pandora»

Il disarmo nucleare, prima che si apra il «vaso di Pandora»

Mio Editoriale per il Manifesto

Oltre ad aver portato distruzione e morte nelle città ucraine e possibili conseguenze catastrofiche indotte su gran parte del mondo la criminale invasione di Putin ha avuto come effetto il blocco immediato (o meglio un pesante arretramento) di qualsiasi progresso internazionale su disarmo e politiche di pace. Lo dimostrano le decisioni di aumento robusto della spesa militare, che si vanno a sommare ad un trend già in decisa crescita.

L’unico aspetto sul quale ci si poteva aspettare una ripresa di ipotesi disarmiste, o quantomeno di controllo della proliferazione, era invece quello legato agli arsenali nucleari. Proprio perché, a causa dell’evidente minaccia di escalation, non si potevano più considerare esagerazioni o ipotesi di scuola i continui allarmi della società civile (per troppo tempo snobbate come allarmiste o visionarie). Ma al posto di far crescere il rifiuto a priori di qualsiasi ipotesi di guerra nucleare, con conseguente pressione verso lo smantellamento degli arsenali, le continue minacce e gli annunci retorici degli ultimi mesi hanno invece normalizzato l’idea di utilizzo dell’arma più distruttiva mai costruita dall’uomo. A partire sicuramente da Putin (e forse ancor dai toni accesi di Medvedev), ma con il «rilancio» altrettanto pericoloso – pur più sottile – di coloro che, anche in Occidente, si sono dilungati in analisi militari sulla opportunità e le conseguenze di un utilizzo circoscritto delle testate nucleari. Pericoloso quando si è di fronte ad un «vaso di Pandora» impossible da richiudere, se davvero qualcuno deciderà di lanciare un ordigno (qualsiasi ne sia la potenza distruttiva o la prospettiva in termini di piani miliari).

Ma il problema vero non è la retorica, quanto alcune scelte politico-militari che nemmeno davanti al baratro hanno avuto il coraggio di scardinare questo sistema di falsa sicurezza. Pensiamo alle esercitazioni strategiche annuali che la Russia ha confermato per queste settimane, così come la simmetrica conferma da parte della Nato delle grandi manovre “Steadfast Noon”: una settimana di “esercitazioni di deterrenza” che ogni anno coinvolge aerei e personale militare degli Stati dell’Alleanza. Denominata «attività di addestramento ricorrente e di routine» per sminuire il fatto che lo scopo della missione è quello di addestrarsi ad uccidere in massa di civili. Attività che potrebbero favorire escalation ed incidenti (non a caso gli Usa hanno cancellato una esercitazione con missili balistici a marzo) legittimando la pericolosa retorica nucleare della Russia e sminuendo gli sforzi per isolare politicamente Putin. Che si è guardato bene dal condannarle, proprio perché consolidano la sua posizione.

Non a caso tutti gli Stati nucleari e i loro alleati (tra i quali, purtroppo, anche l’Italia) hanno votato settimana scorsa contro una Risoluzione nel Primo Comitato Onu a sostegno del Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari Tpwn (passata con 124 voti favorevoli). E addirittura votando contro o astenendosi (come l’Italia) su una seconda Risoluzione che ribadiva «la profonda preoccupazione per le conseguenze catastrofiche delle armi nucleari» sottolineando «che è nell’interesse della sopravvivenza stessa dell’umanità che le armi nucleari non vengano mai più utilizzate, in nessuna circostanza». La risoluzione esortava inoltre gli Stati «a compiere ogni sforzo per eliminare totalmente la minaccia di queste armi di distruzione di massa».

Per questi voti i Paesi occidentali, che tanto richiamano criteri ed ideali di pace e giustizia, non si sono fatti alcun problema ad allinearsi alla Russia di Putin, confermando che al momento nessuno vuole abbandonare l’architettura degli arsenali nucleari, che garantisce potere e predominio, nonostante un pericolo di guerra atomica distruttiva mai così vicino. E sono stati probabilmente gli alleati degli Usa ad impedire un cambio positivo della dottrina nucleare statunitense opponendosi ad una posizione di “no first strike” (rinuncia al primo colpo nucleare) ipotizzata da Biden in campagna elettorale. Sarebbe stato un passo avanti positivo ed innovativo (diversamente da quanto scritto da alcuni giornalisti disattenti non era mai stata adottata). Alleati che hanno appoggiato anche il dispiegamento anticipato di qualche mese delle nuove bombe «tattiche» B61-12, che arriveranno anche in Italia per un utilizzo sui nuovi cacciabombardieri F-35.

Prospettive non rosee: per questo che la Piattaforma della grande Manifestazione per la pace di domani, sabato 5 novembre chiede esplicitamente il disarmo nucleare globale. Bisogna mettere le armi nucleari fuori dalla storia prima che distruggano l’umanità, e la strada più concreta e realistiche per arrivarci, soprattutto dopo il varo del “Piano di Azione” di Vienna dello scorso giugno, è quella dell’adesione al Trattato Tpwn, che deve diventare obiettivo politico prioritario.