home Parole e notizie Vignarca (Rete Pace Disarmo): “No al referendum contro l’invio di nuove armi all’Ucraina. È una decisione politica”

Vignarca (Rete Pace Disarmo): “No al referendum contro l’invio di nuove armi all’Ucraina. È una decisione politica”

Mia intervista per La Repubblica

Il coordinatore campagne del network pacifista: “Per uscire dalla guerra non esistono soluzioni facili”

 

Francesco Vignarca, coordinatore campagne della Rete pace disarmo, lei era alla ‘Staffetta dell’umanità’ di Santoro domenica?

“No, non si può fare tutto e le iniziative in corso sia come ‘Europe For Peace’ che come Rete Italiana Pace Disarmo sono davvero tante sia a livello locale che nazionale, e vanno preparate. Molti di noi erano impegnati nella marcia da Bergamo e Brescia, poi avremo l’assemblea della coalizione europea a Perugia e la storica marcia di Assisi. Per rilanciare le nostre proposte sul tavolo da mesi: cessare il fuoco, aprire un negoziato, lavorare per il disarmo nucleare”.

Condivide comunque la contrarietà all’invio di armi?

“La Rete ha da subito sottolineato come l’invio di armamenti non avrebbe portato alla soluzione del conflitto. Non per un pregiudizio astratto, ma perché avendo lavorato in vari contesti bellici, quelli che spesso vengono ignorati, sappiamo che non funziona. Difficile e lacerante dirlo alle organizzazioni ucraine con cui collaboriamo per le carovane ‘Stop the war now’, ma è uno degli elementi fondamentali se si vuole giungere a una vera pacificazione senza banalizzare tutto su aspetti militari, pericolosi e dai prezzi altissimi. Che non sia però un ‘feticcio’ retorico su cui costruire vuoti scontri polemici: purtroppo dalla guerra si esce realmente solo con sforzi faticosi su vari piani. Nessuno ha la bacchetta magica, nemmeno chi finge di averla. Noi parliamo di approcci possibili con al centro la diplomazia e il confronto fra popoli, per costruire una sicurezza condivisa. La soluzione facile e pronta è solo una chimera”.

L’ipotesi di un referendum contro l’invio di altre armi la convince?

“Non tanto. Dal punto di vista del metodo credo che uno strumento normativo con tempi così lunghi sia inadatto a modificare una decisione squisitamente politica. Sono altre le proposte su cui far convergere la posizione contro le armi e le spese militari di gran parte dell’opinione pubblica italiana. Dal punto di vista tecnico, i quesiti intervengono su elementi legati alla legge 185/90 che norma l’export militare delle aziende mentre qui ci troviamo di fronte ad una cessione di armi dello Stato. Con il paradosso che pure un’eventuale vittoria referendaria non potrebbe fermare gli invii all’Ucraina”.

Quindi non raccoglierete le firme?

“Non è un’iniziativa lanciata da noi e non siamo stati coinvolti nella preparazione, per cui dobbiamo concentrare le nostre forze sulle altre numerose campagne che stiamo seguendo come Rete, poi le nostre aderenti sono libere di dare un contributo se vogliono”.

Alex Langer coniò il concetto di pacifismo concreto, ai tempi della guerra nei Balcani e immagino condivida l’impostazione politica e culturale. Come provate a dare concretezza al pacifismo oggi?

“In tanti modi, quelli che caratterizzano le nostre campagne in particolare di disarmo umanitario: messa al bando delle armi nucleari, riduzione delle spese militari e spostamento di risorse su investimenti sociali ed ambientali, controllo dell’export di armi italiane affinché non alimentino conflitti e violazioni dei diritti umani. E poi concretizzare il sogno di Langer per un Dipartimento della difesa non armata e nonviolenta: vogliamo poter esercitare il nostro diritto-dovere di difesa della Patria senza armi, e formare persone alla prevenzione e soluzione nonviolenta dei conflitti. Sarebbe poi difficile dire che i pacifisti ‘non hanno risposte concrete’, ma la politica ci ignora e non riusciamo nemmeno a completare una prima piccola sperimentazione di Corpi Civili di Pace. Fanno forse paura?”.

 

A cura di Matteo Pucciarelli