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In Italia più armi e meno trasparenza

Mentre i documenti ufficiali diventano meno accessibili e chiari, l’Italia impegnerà per decenni risorse pubbliche nell’acquisto i armi senza un adeguato livello di controllo democratico. Mio articolo per “La Via Libera”, la rivista di LIBERA

Il nuovo Documento programmatico pluriennale (Dpp) della Difesa 2025–2027, trasmesso alle Camere il 9 ottobre con forte ritardo rispetto alle prescrizioni di legge, segna un’ulteriore riduzione della trasparenza in materia militare, come quella tentata con la riforma della legge 185.

A fronte dell’annuncio secondo cui l’Italia avrebbe raggiunto già nel 2025 la soglia del 2 per cento del Pil in spesa militare, il documento spiega solo sommariamente come tale incremento sia stato calcolato, né specifica quali voci in aggiunta siano state ricomprese nel conteggio. Nei Dpp precedenti, il livello di spesa militare per il 2025 si avvicinava all’1,5 per cento, per cui una differenza così importante andrebbe sostanziata in maniera precisa e confermata.

Dal documento sono stati inoltre eliminati i dettagli sulla trasmissione dei conteggi di spesa militare dalla Difesa a organizzazioni internazionali e istituti di ricerca come l’Ocse e il Sipri. Anche sul fronte della rendicontazione dei programmi d’investimento si registra una significativa riduzione della trasparenza: dalle tabelle di dettaglio sono scomparsi i riferimenti ai costi pregressi, che finora consentivano di seguire l’evoluzione pluriennale dei singoli sistemi d’arma e di valutarne l’effettivo impatto finanziario.

Il risultato è un quadro meno leggibile e meno controllabile, in un contesto di spesa in crescita costante

Nonostante queste lacune, l’Osservatorio Mil€x è riuscito a ricostruire il valore complessivo dei programmi di investimento previsti per i prossimi 15 anni, settore per settore: oltre 130 miliardi di euro destinati a nuovi sistemi d’arma, a cui si sommano circa nove miliardi per le infrastrutture militari.

Di questi, 35 miliardi risultano già stanziati e consolidati dalle precedenti leggi di bilancio. Va sottolineato come questi conteggi si riferiscano a una programmazione “a legislazione vigente”, cioè al netto dell’aumento di spesa per la difesa da 23 miliardi previsto per il prossimo triennio nel Documento programmatico di finanza pubblica recentemente approvato dal governo.

Così si conferma una tendenza inequivocabile: mentre la documentazione ufficiale diventa meno accessibile e comparabile, l’Italia consolida una politica di riarmo strutturale che impegnerà risorse pubbliche per decenni, senza un adeguato livello di controllo democratico e di informazione ai cittadini.

Da lavialibera N° 35