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Armi, appello delle associazioni: “Basta con l’aumento delle spese militari. Tassare extraprofitti aziende Difesa”

 
Nonostante un aumento record delle spese militari globali, in grado di raggiungere quota 2.240 miliardi di dollari, con una crescita del 3,7% in termini reali rispetto all’anno precedente (ben 127 miliardi), nel mondo ci sono più conflitti e più morti. Tutto mentre nello stesso anno anche la spesa militare europea è aumentata del 13%, dato più alto mai registrato nel vecchio continente dalla fine della guerra fredda. E pure le stime dell’Osservatorio Mil€x mostrano per l’Italia un aumento previsionale di 800 milioni sul 2023, con un livello di spesa per nuovi armamenti ormai superiore agli 8 miliardi di euro annui.
A denunciarlo Rete italiana pace e Disarmo, Greenpeace Italia e Sbilanciamoci, nel corso di una conferenza stampa in Senato, nelle stesse ore in cui si è celebrato a Vilnius, in Lituania, il vertice Nato. Secondo il Global Peace Index “negli ultimi 15 anni il mondo è diventato meno pacifico, con un aumento dei conflitti del 14% e un crollo del tasso di sicurezza del 5,4%”, hanno spiegato gli organizzatori. Eppure, i leader mondiali ed europei insistono sulla strada degli armamenti. “Gli Alleati Nato concordano realmente soltanto su un unico punto, l’aumento indiscriminato verso il famoso “target” del 2% rispetto al Pil, che in realtà non è un obbligo, va ricordato, ma una linea guida. Tanto che gran parte dei Paesi membri sono ancora sotto questa soglia, dalla Francia (ferma all’1,9% del Pil) alla Germania all’1,57%. L’Italia è all’1,46% previsionale: se volesse arrivare al 2% dovrebbe trovare almeno altri 10 miliardi. Bisognerebbe capire dove li trova“, ha avvertito Francesco Vignarca, della Rete italiana Pace e Disarmo.
Eppure, dal governo Meloni e dal ministro della Difesa Guido Crosetto è stata confermata la volontà di raggiungere l’impegno: “Le spese militari sono aumentate negli ultimi anni con governi di tutti i colori, anche tecnici, ora anche con l’esecutivo Meloni l’obiettivo del 2% è stato ribadito. Dal 2019 al 2023 le spese militari sono aumentate da 4 miliardi e mezzo a più di 8 miliardi. Noi continueremo a chiedere che le forze politiche non si appiattiscano su una visione della sicurezza legata alla sola forza militare. Si pensi alla cooperazione: il nostro Paese non ha mai rispettato l’obiettivo fatto nel 1970 dello 0,7%. Mentre ora sembra impossibile esimerci dalla guideline della Nato”.
Da Rete Pace Disarmo è stato ricordato come l’Alleanza Atlantica proietti sul 2023 un aumento annuo percentuale dell’8,3%, per un totale a valori correnti di circa 1.260 miliardi di dollari: “Se guardiamo alla Natoogni anno spende in armamenti 14 volte più della Federazione russa e complessivamente quattro volte di più della Cina“, sottolinea Vignarca. Tradotto, spiega, “non può essere l’aumento della spesa la soluzione per darci più sicurezza, perché già oggi questa spesa è significativamente più alta di quella dei Paesi che riteniamo nemici-avversari”.
“Di fronte alle entrate record delle aziende energetiche il governo italiano ha deciso di tassare gli extra profitti delle aziende fossili, ora la richiesta che facciamo è quella che siano tassati al 100% anche gli utili extra delle aziende della Difesa, perché nessuno possa beneficiare delle stragi di civili e di militari”, evidenzia Sofia Basso, Research Campaigner di Greenpeace Italia. Ma non solo. Perché secondo i calcoli di Greenpeace il 64% dei fondi destinati alle attuali missioni militari è destinato alla tutela delle fonti fossili: circa 830 milioni di euro: “Bisogna smettere di proteggere militarmente asset e interessi dei principali responsabili della crisi climatica”, è l’appello al Parlamento delle associazioni. Con l’obiettivo di spostare le risorse attualmente destinate all’ambito militare verso impieghi di natura civile più urgenti, crisi climatica su tutte. “Basta ricordare, per capire le priorità dei governi, come l’aumento delle spese belliche superi di gran lunga i 100 miliardi annui promessi in ambito COP sul clima per primi interventi in emergenza contro gli impatti del cambiamento climatico, che però non sono stati trovati”, ha continuato Vignarca.
 
Lo stesso Vignarca ha ricordato le tensioni tra alleati Nato sul caso delle munizioni a grappolo inviate all’Ucraina: “La fornitura decisa da parte degli Stati Uniti? Le cluster bombs condanneranno un Paese già martoriato da un’invasione criminale anche per il futuro, con i civili che rischiano l’effetto peggiore. È un po’ come una coazione a ripetere: mandare armi, sempre più armi. Dispiace che non si trovino altre soluzioni”. E i ‘distinguo’ di altri governi che (al contrario di Stati Uniti, Ucraina e Russia) hanno aderito alla Convenzione internazionale di Oslo che proibisce questo tipo di armi? “Non si può solo esprimere scetticismo, gli Alleati degli Usa dovevano opporsi. Altrimenti c’è complicità”, ha concluso Giulio Marcon, portavoce di Sbilanciamoci.