home Parole e notizie L’obiettivo del disarmo nucleare ha bisogno della società civile

L’obiettivo del disarmo nucleare ha bisogno della società civile

Mio editoriale per Avvenire

La mattina del 6 agosto del 1945 a Hiroshima, nonostante si trovasse a poche centinaia di metri dall’ipocentro della prima bomba atomica, il Noviziato dei Gesuiti fu uno dei pochissimi edifici a rimanere in piedi. Tra coloro che riuscirono a sopravvivere alla devastazione di quei terribili momenti anche Padre Pedro Arrupe, poi Superiore dei Gesuiti, che avendo studiato un po’ di Medicina trasformò rapidamente il Noviziato in un punto di prima assistenza.

Il grande attivismo di Papa Francesco per il disarmo nucleare probabilmente nasce anche dall’influenza di questo suo “maestro” gesuita. Dalla foto scelta nel 2017 per evidenziare i “frutti della guerra” (un bambino di Nagasaki che por-tava al crematorio il fratellino morto) alle potenti parole pronunciate nel 2019 al Memoriale della Pace di Hiroshima: «Con convinzione desidero ribadire che l’uso dell’energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune ». Oltre alla sua voce, sono i passi concreti a dimostrare quanto Papa Francesco sia un vero e proprio campione della messa al bando delle armi nucleari. Nel 2017, in un Simposio sul tema realizzato con la presenza della Campagna Ican appena insignita del Premio Nobel per la Pace, il Papa aveva evidenziato per la prima volta l’immoralità anche del solo possesso di armi nucleari (concetto ribadito pochi giorni fa in un messaggio in occasione di un Convegno sulla Pacem in terris). E la Santa Sede è stata il primo Stato ad aderire al Trattato sulla Proibizione delle armi nucleari (Tpnw), ottenuto grazie al grande lavoro della società civile.

Il Noviziato gesuita di Hiroshima che rimane in piedi è dunque simbolo di come la strada dei movimenti per il disarmo nucleare sia iniziata subito: gli scienziati che si accorsero del devastante potere distruttivo, i medici che hanno sottolineato gli impatti riverberanti delle radiazioni, le organizzazioni della società civile internazionale che hanno sostenuto le richieste delle vittime di bombe e test nucleari.

Ma a che punto siamo oggi, dopo che le recenti e continue minacce di Putin e Medvedev hanno dimostrato che il pericolo nucleare non è superato? Quasi la metà di tutti gli Stati del mondo (93) ha già firmato il Trattato Tpnw, e ben 69 ne fanno parte, dando nuovo vigore alle norme internazionali di disarmo umanitario dopo che il Trattato di Non Proliferazione non ha saputo realizzare anche i propri obiettivi di disarmo. Non ci sono ancora le potenze nucleari o gli Stati sotto il loro “ombrello di protezione”, ma la forza di questo percorso allargato deriva dalla sua origine dai “piccoli”: le comunità vittime e impattate dallo sviluppo degli arsenali o gli Stati meno rilevanti sullo scacchiere internazionale. Che hanno evidenziato di non poter rischiare la propria esistenza per i giochi di potere di pochi governi irresponsabili, riportando su questo tema principi di democrazia planetaria. Non si possono dimenticare le 12.500 testate ancora presenti al mondo (circa 2.000 in massima allerta operativa) che potrebbero cancellare in poche ore la nostra civiltà o la stessa umanità.

Ciascuno può fare qualcosa in questa direzione. La mobilitazione “Italia, ripensaci” coordinata da Senzatomica e Rete Pace Disarmo dopo il Pledge dei Parlamentari, l’Appello delle Città e vari eventi territoriali ha deciso di scrivere al Governo in occasione della Giornata Internazionale per la totale eliminazione delle armi nucleari, chiedendo che anche l’Italia partecipi a novembre a New York alla Seconda Conferenza del Tpnw (l’anno scorso a Vienna il nostro Paese era assente). Anche solo per interloquire e portare al tavolo la grande competenza italiana sull’intervento umanitario a favore delle comunità colpite. Per riuscirci è cruciale ricevere il più ampio sostegno possibile da parte della società civile, in particolare quella cattolica. Sulla scia di quanto dichiarato dal cardinale Matteo Zuppi nella prima conferenza stampa da presidente Cei nel maggio 2022: «Faremo tutto quello che serve per continuare a insistere sulla ratifica dell’Italia al trattato Onu per la messa al bando delle armi nucleari. Nessuno si può abituare all’idea che si riparli di guerra nucleare». Il buon segno è che questa consapevolezza pare davvero diffusa tra associazioni, sindacati e gruppi italiani attivi sui temi della Pace come dimostra la presenza del disarmo nucleare tra le richieste avanzate in questi mesi dalla Coalizione “Europe For Peace” (formata da 600 organizzazioni), punto che verrà ribadito anche nella manifestazione “La Via Maestra” del prossimo 7 ottobre a Roma.