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Sempre meno granai, sempre più arsenali

Spese militari. Dopo l’11/9/2001 sono cresciute di oltre il 70% le spese mondiali. Secondo il Sipri nel 2020 la Nato al 56% del totale e la Cina avanza. Pacifisti e sindacati non ci stanno

I dati sulla spesa militare mondiale diffusi dal SIPRI in questi giorni non vanno letti solo “puntualmente” rilevando l’ennesimo aumento (del 26%). Ma devono essere filtrati anche sotto alcune altre prospettive di più ampio raggio.

La prima è temporale. La crescita che ancora sperimentiamo ogni anno è figlia di una tendenza che ha compiuto 20 anni e che si è alimentata con le cosiddette “guerre al terrore” seguite all’11 Settembre 2001: da quel momento le spese militari del mondo sono cresciute di oltre il 70% senza che in questi due decenni il mondo si possa considerare più sicuro (e i conflitti risolti come proprio il caso dell’Afghanistan dimostra).

La seconda è geografica (o meglio strategica): le spese militari aggregate della NATO hanno raggiunto i 1103 miliardi di dollari, che rappresentano il 56% del totale mondiale. Quasi tutti i membri hanno visto aumentare nel 2020 il proprio “peso” militare e l’Alleanza nel suo complesso ha aumentato la sua spesa militare del 13,6%. La spesa aggregata dei paesi membri dell’UE ammonta a 233 miliardi, il 12% della spesa globale, collocandosi subito dietro quella degli Stati Uniti (che da soli superano la somma dei dieci paesi successivi) e la Cina. Secondo il SIPRI l’Italia è al dodicesimo posto con un aumento del 7,5% in un anno.

E’ dunque un trend in ascesa che sicuramente porterà nel 2021 la spesa militare a superare la quota “simbolica” di 2.000 miliardi di dollari ed è già ben visibile per l’Italia. Nei giorni scorsi il nostro Osservatorio Mil€x ha infatti diffuso la stima previsionale (con nuova metodologia più accurata) per l’anno in corso. Il balzo è del tutto simile: crescita annua dell’8,1% determinata da un aumento in termini reali di quasi 1,9 miliardi di euro soprattutto per acquisto di nuovi armamenti, capitolo che raggiunge la cifra record di 7,3 miliardi. Il totale previsto è 24,97 miliardi di euro di cui quasi 18 provenienti dal Ministero della Difesa (esclusa da quest’anno una larga fetta dei Carabinieri), 3,2 dal Ministero per lo Sviluppo Economico, 1,3 dal Fondo per le Missioni militari istituito presso il MEF cui si devono aggiungere i 2,3 miliardi erogati dall’INPS per le pensioni militari.

Ovviamente questi dati significano che il Governo (il Conte II responsabile della Legge di Bilancio, in questo caso) non ha voluto ascoltare le richieste di moratoria sull’acquisto di nuovi sistemi d’arma avanzate da Sbilanciamoci e Rete Italiana Pace Disarmo. Nemmeno nell’anno della pandemia (che ha dimostrato come siano sanità, lavoro, welfare, scuola, cura dell’ambiente a salvare la vita delle persone e non le armi) si è avuta la decenza di – quantomeno – sospendere gli acquisti di sommergibili, navi militari, carri armati, cacciabombardieri, munizionamento, cannoni, blindati… Governo e Parlamento hanno invece “scelto le armi”.

Nonostante ciò l’ultima (forse più importante prospettiva) da tenere in considerazione è proprio quella dei movimenti di opposizione a questa direzione insensata e pericolosa. E non solo da parte della Global Campaign On Military Spending lanciata da alcuni anni da International Peace Bureau (la più antica rete pacifista globale, Premio Nobel nel 1910) e di cui fa parte anche la Rete Pace e Disarmo.

Una campagna che è riuscita a raccogliere oltre 170 organizzazioni della società civile di più di 30 Paesi a sostegno del proprio appello: “Chiediamo che i Governi di tutto il mondo riducano drasticamente le loro spese militari, specialmente quelle dei Paesi he rappresentano la quota maggiore del totale, e trasferiscano le risorse liberate verso i settori della sicurezza umana e comune in particolare per affrontare la pandemia da coronavirus e il collasso economico e sociale che ne è seguito. È tempo di riadattare le nostre priorità come società e di adottare un nuovo paradigma di difesa e sicurezza che metta le necessità umane e ambientali al centro delle politiche e dei bilanci”.

Ed i pacifisti iniziano ad essere meno soli in questa richiesta che vede una presa di posizione sempre più netta anche da parte delle forze sindacali. “I governi si dovrebbero vergognare di aver sprecato ingenti somme di denaro per gli eserciti aumentando la spesa militare, mentre non si sono messe in pratica le misure urgenti per la salute pubblica e la ricostruzione economica a seguito della pandemia di Covid-19” ha infatti dichiarato in questi giorni Sharan Burrow, la segretaria generale di ITUC, la Confederazione sindacale internazionale.

“E’ uno scandaloso sperpero di risorse in un momento in cui l’intera umanità è minacciata dal virus, e quando mancano finanziamenti vitali per affrontare il cambiamento climatico. Il fatto che i governi abbiano dato la priorità alla proprie capacità di combattere le guerre piuttosto che affrontare le crisi umane esistenziali è semplicemente incredibile”.

Perché tutti questi soldi in armi e soldati non potranno mai difenderci (anzi ci indeboliscono fin da subito) di fronte alle reali minacce che l’umanità ha di fronte: gli impatti sull’ambiente delle modifiche del clima e delle nostre scelte scellerate, l’insicurezza sociale, le fragilità dei sistemi sanitari. Un cambio di rotta ci conviene ed è ormai fin troppo necessario.