ALLARME SIPRI La vera soluzione del problema si avrà solo quando tutti i Paesi riconosceranno che mettere sistemi d’arma in grado di distruggere l’Umanità alla base delle proprie dottrine di sicurezza non fa altro che rendere il mondo meno sicuro
«L’era della riduzione del numero di armi nucleari nel mondo, che durava dalla fine della guerra fredda, sta volgendo al termine» ha dichiarato amaramente Hans Kristensen, massimo esperto mondiale di arsenali nucleari globali per la Federation of American Scientists i cui dati (elaborati nella prima parte del 2025) sono appena stati ripubblicati per l’Annuario del Sipri (International Peace Research Institute).
La stima è di 12.241 testate nucleari totali, 9.614 delle quali si trovano in hangar per un uso solo potenziale mentre 3.912 sono dispiegate con missili e aerei e dunque pronte all’uso (2.100 in particolare si trovano in stato di massima allerta operativa su missili balistici). Quasi tutte appartenenti a Russia o Stati Uniti, anche se ormai pure la Cina ha la capacità di mantenere testate su missili in tempo di pace: «Vediamo ormai una chiara tendenza alla crescita degli arsenali nucleari, all’inasprimento della retorica nucleare e all’abbandono degli accordi sul controllo degli armamenti» ribadisce Kristensen.
Russia e Usa possiedono circa il 90% del totale con un numero di testate utilizzabili rimasto relativamente stabile anche se entrambi stanno attuando ampi programmi di modernizzazione che potrebbero aumentare dimensioni e differenziazione dei loro arsenali in futuro. Soprattutto se non verrà rinnovato l’accordo per la limitazione sui missili strategici (il New Start) in scadenza nel febbraio 2026. La Cina dispone di almeno 600 testate nucleari, con la più rapida crescita del lotto (circa 100 nuove testate all’anno dal 2023) mentre la Francia (290) ha proseguito i suoi programmi per lo sviluppo di nuovi lanciatori e l’aggiornamento dei sistemi esistenti.
Il Regno Unito per ora ha numeri stabili, ma le dichiarazioni sia politiche che militari fanno pensare a un prossimo aumento rispetto alle 225 testate attuali. L’India (170 testate circa) dovrebbe avere ampliato con nuovi sistemi di lancio il suo arsenale nucleare, così come il Pakistan (170) che inoltre accumula ulteriore materiale fissile. Infine, la Corea del Nord (50 bombe) continua a dare priorità al suo programma nucleare militare come elemento centrale della sua strategia di sicurezza nazionale. La tendenza alla modernizzazione è confermata da un recente Report della International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (Ican, premio Nobel per la Pace 2017) che evidenza una crescita dell’11% in un anno del costo totale degli arsenali nucleari globali. Tra i quali anche quello di Israele, che non ammette pubblicamente di possedere circa 90 testate ma nel 2024 ha condotto un test di un sistema di propulsione missilistica che potrebbe essere collegato alla famiglia di missili balistici a capacità nucleare Jericho potenziando nel contempo il reattore per la produzione di plutonio a Dimona.
Ma se questa è la stima della situazione reale per gli arsenali, perché invece l’attenzione del mondo si concentra su una ipotetica (in verità molto lontana) capacità nucleare dell’Iran? Esperti internazionali e la stessa Ican hanno sottolineato come la recente pericolosa escalation da parte di uno Stato dotato di armi nucleari abbia minato le prospettive di successo dei colloqui sulla limitazione del programma iraniano rischiando di scatenare una guerra più ampia che minaccerà ulteriormente la stabilità della regione, del mondo e le vite di troppi civili. Al momento sia la Aiea che gli stessi Stati uniti non ritengono che l’Iran abbia in corso un programma di armamento nucleare.
Contrariamente agli obiettivi dichiarati da Israele, cioè la prevenzione di un arsenale in mano a Tehran, i bombardamenti degli ultimi giorni potrebbero quindi rafforzare le voci che in Iran sostengono la necessità di un tale passo. Arrivati a questo livello di tensione, anche se le azioni di Israele e Stati uniti sembrano proprio voler portare in un’altra direzione, ripristinare l’accordo sul nucleare del 2015 (il Jcpoa) o negoziarne uno simile per ridurre il rischio che l’Iran sviluppi armi nucleari potrebbe configurare un passo positivo, così come la creazione in Medio Oriente di una zona libera da armi di distruzione di massa che includa lo smantellamento verificabile e permanente delle capacità nucleari di tutti i Paesi di quella regione.
Ma la vera soluzione del problema si avrà solo quando tutti i Paesi riconosceranno che mettere sistemi d’arma in grado di distruggere l’Umanità alla base delle proprie dottrine di sicurezza non fa altro che rendere il mondo meno sicuro. Perciò occorre mettere in prospettiva una totale eliminazione, come prevede il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (Tpnw) del 2017 che offre un percorso concreto per cancellare queste armi disumane una volta per tutte, in modo multilaterale e verificato.

