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F-35: il ritardo è servito

In anteprima per Altreconomia l’analisi del documento del Pentagono che analizza le problematiche del programma degli F-35 e lancia un forte allarme sui rischi di ritardo. L’Italia potrebbe aver iniziato ad acquistare velivoli che non hanno raggiunto le caratteristiche e specifiche tecniche previste dal contratto.

Continuereste a dire di sì ad un progetto problematico, sia dal punto di vista tecnico che dei costi, senza metterlo davvero e sensatamente in discussione? Probabilmente no: sta nell’esperienza di tutti. Eppure è quello che succede all’Italia, e non solo, con il programma Joint Strike Fighter dei cacciabombardieri F-35. Ancora una volta, l’ennesima, un rapporto ufficiale delle più alte sfere militari statunitensi puntualizza i problemi e gli errori che sono legati alla produzione di questi aerei.
L’ennesima bocciatura arriva dal Rapporto al Congresso USA di Michael Gilmore, il DOT&E del Pentagono cioè il Direttore della sezione di test operativi e valutazione del Dipartimento della Difesa Statunitense. Il documento viene pubblicato ogni anno e riguarda lo stato tecnico e procedurale delle acquisizioni armate statunitensi. Altreconomia ha potuto analizzare in anteprima la sezione dedicata all’F-35.

Mentre leggete le prossime righe, ricordatevi anche che il programma JSF avrebbe dovuto essere un “modello” per il procurement militare del futuro, secondo il Pentagono.

Va ricordato come il Rapporto DOT&E affronti l’analisi di un programma come quello dei caccia F-35 cercando di comprendere lo sviluppo delle fasi di test (tempi, evoluzione) e di valutare le capacità raggiunte in funzione dei risultati dei medesimi test. Ed è questa la chiave di lettura più importante con cui bisogna lettere i risultati esposti nel Report: ancora una volta nell’analisi approfondita condotta con verifiche che arrivano fino all’ottobre 2013 è la maturità complessiva del programma ad essere messa in questione.

Al di là di problematiche tecniche o di intoppi dal punto di vista dello sviluppo è infatti la situazione complessiva del programma, con i ritardi conseguenti, che dovrebbe destare preoccupazione anche a livello del nostro Governo e del nostro Ministero della Difesa. Il rischio veramente forte leggendo le pagine sottoscritte dalla massima autorità di controllo del Pentagono, è che i Paesi che hanno fatto affidamento su questi “nuovi” F-35 debbano trovarsi a considerare la necessità di utilizzare altri velivoli, almeno per un certo lasso di tempo, per ovviare ai buchi di disponibilità operativa che ci saranno.

Il riassunto delle questioni particolari che andremo ad analizzare più avanti nell’articolo sta in questo chiaro e lapidario paragrafo del Rapporto: “Le performance riguardanti l’operatività complessiva continuano ad essere immature e si basano fortemente su supporto e soluzioni proposte dall’industria che sono inaccettabili per operazioni di combattimento. La disponibilità di velivoli e le misure di affidabilità tassi di manutenzione suon tutte sotto gli obiettivi che il Programma si era dato per questo punto del proprio sviluppo”. 

Una bocciatura senza attenuanti che si evidenzia con i crudi numeri. Ladisponibilità complessiva della flotta è stata mediamente del 37% rispetto alle previsioni con una tendenza ad un declino graduale. Nessuna delle tre varianti dell’aereo ha raggiunto l’affidabilità prevista con una percentuale di raggiungimento dell’obiettivo che va dal 30% al 39%. Infine, i tassi di manutenzione per la gestione di problemi più o meno gravi sono stati tre volte superiori (con punte del 344% in più!) rispetto alle soglie richieste.

Definire quindi il programma “sulla strada buona” come dicono molti commentatori sulle due sponde dell’Atlantico appare un eccesso di ottimismo (per essere eufemistici e non pensare male…).

Lockheed Martin e i poco lungimiranti fautori del programma continuano a dirci che i test sono “più avanti del previsto” (per quanto riguarda numero di voli e ore totali) ma non dicono che il programma è in ritardo sul perché si fanno tali test: i punti di prova previsti. Una chiara tabella nel rapporto DOT&E mostra come siano stati “compiuti” solo 5464 del 7180 punti di prova previsti. Cioè il 24 per cento in meno rispetto a quanto originariamente stabilito (e per i sistemi di missione siamo a meno 46 per cento!). In tutto questo va notato come la definizione di “compiuto” non significhi che tale particolare test sia stato “superato”, ma solo che gli F-35 lo abbiano eseguito.

Tutto questo si ripercuote sul raggiungimento dell’obiettivo primario del programma: raggiungere una capacità operativa iniziale (in gergo IOC) che consenta un primo utilizzo dei caccia F-35 non certo in missioni reali ma in un ciclo di addestramento che possa rendere effettiva la scelta compiuta. Eppure, nonostante i voli di prova siano stati superiori ai traguardi fissati, sono stati soprattutto i pochissimi progressi sui test per i sistemi di missione e l’integrazione degli armamenti a tenere la situazione ancora ben lontana dagli “obiettivi imposti dai lotti di produzione della flotta e dai piani di IOC richiesti dalle diverse forze armate”.

Si evidenzia quindi ancora una volta la necessità dei cosiddetti “retrofit” per quanto riguarda i velivoli già in produzione, nonostante le rassicurazioni (a questo punto forse derivanti da auto-ipnosi) dei supporter del programma. Stiamo quindi andando a produrre, anche in Italia, aerei che non avranno alcuna speranza di essere utilizzati in missione e arriveranno, forse, con fatica anche ad uno stato utile per i semplici addestramenti. Sicuramente c’è la possibilità che le problematiche tecniche vengano risolte, ma bisogna iniziare a considerare anche in che tempi e con che costo/impatto sia sulle dinamiche delle nostre forze armate sia sui fondi pubblici che dovranno sostenere tale sforzo.

La capo-commessa Lockheed Martin e gli ufficiali responsabili del Joint Strike Fighter continuano ad affermare (lo ha fatto anche il Tenente Generale Bogdan, capo del programma, dopo le recenti anticipazioni sui problemi di software) che gli sforzi per sistemare i problemi sono continui e che i Report negativi non “tengono conto degli sforzi messi in campo” per migliorare i cacciabombardieri. Una giustificazione abbastanza infantile, e soprattutto senza passi fattuali, a fronte dei dati sciorinati anche dal rapporto DOT&E che stiamo analizzando.

E che la situazione stia in un altro universo rispetto alle rassicurazioni di chi gestiste il Programma JSF ce lo dice chiaramente la conclusione del documento. Solo tre delle precedenti dieci raccomandazioni di miglioramento inviate al programma JSF con i precedenti rapporti sono state adeguatamente affrontate. Per le altre, che comprendono i test per il supporto logistico ALIS e quelli riguardanti gli armamenti, sono ancora in attesa. E intanto altri problemi sorgono, tanto è vero che il team di Michael Gilmore ha inoltrato ben nove ulteriori raccomandazioni, tra cui quella di “pianificare realisticamente” (forse non è stato mai fatto dall’Ufficio JSF e da Lockheed Martin) i test di integrazione futuri con una metrica di stabilità del software orientata all’uso in missione.

E queste ulteriori raccomandazioni dovranno essere gestite ed affrontate con l’acqua alla gola per non aver ancora risposta in maniera soddisfacente alle precedenti. Perché, come esplicitato nel sommario esecutivo del documento, “una considerevole quantità di test è stata necessariamente dedicata allo sviluppo in particolare di blocchi precedenti del software, tentando di sistemare problemi già conosciuti“.

In tutto questo sembra davvero che non si consideri per nulla lo spreco di risorse pubbliche, continuando ostinatamente a non volere considerare soluzioni alternative. Eppure anche il Rapporto DOT&E suggerirebbe altre strade: “Il rapportoraccomanda a pagina 52 – nota Winslow Wheeler direttore dello Straus Military Reform Project – che l’F-35 ed il suo software 2B vengano testati mettendoli in diretta comparazione con gli attuali aerei in dotazione alle forze armate. In altre parole, si dovrebbe stabilire empiricamente se l’F-35 sia un passo avanti o un passo indietro. Credete ci sia una qualsiasi autorità pubblica (Pentagono o Congresso) che abbia davvero voglia ed intenzione di insistere per un confronto di questo tipo?”

 

 

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Per supportare le riflessioni soprastanti, andiamo ad analizzare punto per punto alcuni elementi problematici rilevanti nello sviluppo degli F-35 che il Rapporto DOT&E ha sottolineato.

 

Il software e i sistemi di missione

Non pensiate che si stia parlando di una questione secondaria: i blocchi di software sono quelli che rendono performante il caccia e che dovrebbero garantire le “meraviglie” operative che ne configurano la  superiorità sempre magnificata da chi ha sempre tentato di “vendere” l’F-35. Elementi che sono stati acriticamente riutilizzati come specchietto per le allodole anche da tutti i nostri Governi che hanno confermato l’adesione al Programma.

Prima di tutto il software deve essere installato su un “hardware” affidabile e questo non succede perché addirittura gli attuali velivoli in costruzione non sarebbero in grado di gestire il “blocco 3” del software. Ma siamo ancora a dover risolvere i problemi del blocco 2B…

Ancora una volta il problema è la “concurency” nella gestione (cioè fare le modifiche necessarie mentre già si stanno producendo degli aerei) e per sistemare gli enormi problemi del software si stanno letteralmente divorando migliaia di ore di lavoro, considerando anche la presenza di sub-varianti. Le modifiche apportate stanno raggiungendo dimensioni mostruose e le scelte non sembrano sagge: 2 aerei sono stati modificati per provare una variante iniziale del Block 3, ma senza effetto positivo. Così ora questi due aerei non sono nemmeno più disponibili per poter eseguire i test del software 2B .

Come già accennato, i ritardi accumulati su questo aspetto stanno cominciando a minacciare seriamente il tentativo dei Marines e dell’Air Force di dichiarare “capacità operativa iniziale” (IOC) nel 2015 e nel 2016, rispettivamente. Il Rapporto è netto: “I primi risultati con il nuovo incremento di software Block 2B indicano ancora l’esistenza di lacune elementi come fusione, radar, guerra elettronica, navigazione, EOTS, Distributed Aperture System (DAS), Helmet-Mounted Display System (HMDS) e datalink”. Più chiaro di così!

Da notare che problemi continuano a riguardare anche il Blocco 2A del software che è riferito agli aerei dei lotti di produzione 4 e 5… ma contemporaneamente anche l’Italia sta insensatamente andando già a comprare e costruire i lotti 6 e 7!

La problematica sui sistemi di missione (cioè su quegli elementi che rendono DAVVERO operativo e funzionale il caccia) si sta quindi dimostrando una vera e propria emergenza. Solo il 54% dei test previsti come “soglia base” per questi aspetti (fino al blocco 2B) sono stati condotti nel 2013 e complessivamente solo il 47% delle capacità definite nel contratto di produzione sono state raggiunte per i 24 velivoli consegnati all’interno del Lotto di produzione numero 4. Per il Lotto 5 la situazione non è migliore: le capacità definite per contratto che sono state raggiunte arrivano solo al 50%

 

La struttura, il peso dell’aereo e la dotazione in armi

Tutte le versioni dell’F-35 hanno ormai raggiunto i propri margini di peso totali. Solo piccole correzioni sono possibili e questo è un problema perché non esiste un “peso operativo vuoto”. E molte delle problematiche tecniche ancora da sistemare potrebbero comportare un aumento di peso, ormai però praticamente non più gestibile.

La versione A dell’aereo è a solo 130 kg dal raggiungere il peso massimo raggiungibile per raggiungere le capacità tecniche previste per contratto. Ciò permette un possibile aumento in peso di solo 1,16% nel corso del 2014. La versione B è a 75 kg da tale limite (la crescita nel 2014 potrà essere di solo lo 0,62%!) e la versione C ha un margine possibile di poco più di 100 kg.

Le operazioni di volo degli aerei in produzione dipendono inoltre dalla funzionalità dell’ALIS (Autonomic Logistics Information System) che i rapporto definisce “caratterizzato da mancanze significative”. La situazione attuale dell’ALIS conduce infatti a operazione di manutenzione ed alla necessità di variazioni che causano un ritardo nel determinare la situazione reale dei velivoli.

Il rischio grave esiste anche nel raggiungimento del richiesto sistema di simulazione VSim. Il pericolo è che non si possa adeguatamente verificare e validare che tali simulazioni, condotte nei test operativi, siano veramente realistiche nel rappresentare le capacità degli F-35 in scenari di missione. Come a dire: non potremo sapere veramente se l’F-35 sarà in grado di fare tutto quanto promesso al di fuori delle protette situazioni di test. E se consideriamo che nel rapporto si sottolinea come i caccia sono attualmente vulnerabili a incendi di propellente indotti (“balisticamente”) da possibili nemici in combattimento non c’è certo da stare tranquilli.

In particolare è la versione B a decollo corto ed atterraggio verticale a suscitare le maggiori preoccupazioni: attenzione si tratta di quella che veramente interessa all’Italia e l’unica sempre dichiarata indispensabile per  il suo utilizzo sulla Portaerei Cavour (le dichiarazioni in merito del nostro Ministero della Difesa sono state numerose). Su questa versione si sono riscontrati i maggiori problemi sui test relativi al “distacco” degli armamenti (in pratica il lancio dei missili) nonostante le comunicazioni propagandistiche di Lockheed Martin in tal senso. Circa il 55% dei test pianificati in merito sono stati raggiunti da successo. E l’F-35B continua ad avere almeno sei problemi strutturali (sul portellone e sulla propulsione) che derivano dal passato e saranno forse sistemati con il lotto 7 e 8 di produzione.

Elmetto

Un piccolo accenno anche al cosiddetto Helmet-Mounted Display System (HMDS) il sistema-casco troppo caro e stupidamente complicato che è diventato famoso anche in Italia. Continua ad esserci problemi con immagini che sono distorte e traballanti, con una visione notturna inaccettabile, “doppia visione” e mancato allineamento con ciò che succede nel mondo reale. Altre correzioni, tra cui la latenza e la dispersione della luce o non sono stati testati realisticamente oppure hanno imposto un maggiore carico di lavoro per il pilota. Eppure l’anno scorso ci sono state segnalazioni rassicuranti, soprattutto da Pentagono e Lockheed Martin, che tutti questi problemi erano in via di sistemazione. Vogliamo continuare a credergli?