home Parole e notizie Il disarmo è un progetto morale. Mettiamoci in cammino per la pace

Il disarmo è un progetto morale. Mettiamoci in cammino per la pace

Nelle parole pronunciate da papa Leone XIV in queste settimane, c’è l’indicazione chiara di un percorso da fare insieme. Incontrandosi, dialogando e negoziando. Mio editoriale per Avvenire

Poche ore fa, mentre il mondo assisteva all’ennesima escalation bellica (addirittura con pericolosi risvolti nucleari) tra Iran e Israele e mentre troppi altri luoghi sono sferzati da guerre e violenze ignorate, il profilo ufficiale su X di papa Leone XIV ha rilanciato parole chiare e significative: «Le potenti armi usate nella guerra odierna minacciano di condurci a una barbarie di gran lunga superiore a quella dei tempi passati. In nome della dignità umana e del diritto internazionale, ripeto ai responsabili ciò che diceva papa Francesco: la guerra è sempre una sconfitta!».
Non è la prima volta che il Papa ha utilizzato la propria “voce social”, come aggancio comunicativo alle ben più strutturate riflessioni dei suoi interventi e udienze, per invitare a percorsi di pace e pacificazione. Nelle prime settimane del suo Pontificato circa i due terzi dei messaggi pubblici social hanno toccato questi temi.
Declinandoli in maniera significativa, perché nel loro insieme questi richiami rappresentano qualcosa di più ambizioso di mere note teologiche quasi “dovute” per il ruolo: tratteggiano invece, con portata molto più ampia, una visione del disarmo globale fondata su chiarezza morale e conseguenze politiche.
A partire da osservazioni di una semplicità disarmante, esattamente nel solco della «Pace disarmata e disarmante» richiamata fin dal suo primo saluto dalla Loggia delle Benedizioni di San Pietro. «Le armi possono e devono tacere» ha scritto di recente«. «Non risolvono mai i problemi, ma li intensificano soltanto». In un altro intervento ha insistito: «La pace si costruisce nel cuore» e «la guerra non è mai inevitabile». Sembrano parole scontate, per il leader spirituale della Cattolicità, ma il tono e il tempismo suggeriscono invece altro: Papa Leone non si limita a offrire ai fedeli dei “luoghi comuni”, ma sta intervenendo nella “grammatica” stessa della violenza geopolitica. Le spese militari stanno aumentando in maniera esplosiva, i profitti dell’industria militare galoppano e pure l’indifferenza per gli impatti umanitari della guerra è in crescita. E mentre il mondo brucia così, arriva un Papa che predica che «la pace di Cristo non è il silenzio della tomba dopo il conflitto» e che la vera Pace richiede «riconciliazione, perdono e coraggio». Pochi politici e governi sarebbero in grado di accogliere realmente un simile discorso. I produttori di armi, ancora meno.
La conferma di un forte accento sui temi della pace e del disarmo, oltre che di una piena continuità con il magistero di Papa Francesco, noi rappresentanti dei movimenti popolari l’abbiamo poi avuta in maniera evidente venendo accolti da Papa Leone in Vaticano per il proseguimento del percorso dell’Arena di Pace di Verona del maggio 2024. Non era scontato il voler riprendere subito a tessere quella tela così tanto curata da Papa Francesco, ma il segno è stato forte. Non solo con strette di mano, ma anche con parole e riflessioni profonde. Nella Sala Clementina ci ha ricordato come la «strada che porta alla pace è comunitaria» e passa per relazioni di giustizia. Ha sottolineato come in un mondo pieno di violenza sia necessario costruire dal basso esperienze che educhino alla cultura della vita proponendo «testimoni di uno stile di vita diverso, nonviolento». Al fine di favorire processi nonviolenti di costruzione della pace perché «la nonviolenza come metodo e come stile deve contraddistinguere le nostre decisioni, le nostre relazioni, le nostre azioni». Un approccio dunque sistemico e strutturale, sia nelle società umane che nei confronti del Creato (continui sono i richiami alla “Laudato Sì” e alla “Fratelli tutti”) che si riassume nella necessità di una politica nonviolenta. «Se vuoi la pace, prepara istituzioni di pace» è il riassunto del messaggio di Papa Leone. La costruzione di premesse e capacità per la pacificazione è stato anche il centro del discorso all’Episcopato italiano, richiamato a «promuovere percorsi di educazione alla nonviolenza, iniziative di mediazione nei conflitti locali, progetti di accoglienza che trasformino la paura dell’altro in opportunità di incontro». Affinché ogni comunità diventi una “casa della pace” capace di disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, praticando giustizia e custodendo il perdono.
In definitiva, il Papa ci dice che «la pace non è un’utopia spirituale». In un clima politico internazionale in cui il cinismo viene spesso scambiato per saggezza, la reintroduzione del vocabolario etico negli affari internazionali non è un’impresa da poco. Per le organizzazioni umanitarie e i sostenitori del disarmo si tratta di un passo importante. L’inquadramento del Papa trasforma il disarmo da un processo meramente tecnocratico in un progetto morale, perché collega la politica ai principi e i principi alle persone. Allargando il bacino dei sostenitori della pace.
«Scegliamo con cura le nostre parole – dice Papa Leone – incontriamoci, dialoghiamo, negoziamo». Così articolando un’idea potente: che la pace deve essere costruita insieme, non solo ipotizzata o presunta. Che il silenzio può essere complicità. E che anche in un mondo pieno di rumorosa violenza le voci miti e non urlate sono in grado cambiare le menti.