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Missioni militari e politica estera: note e prospettive

Anche per mettere ordine nei miei ragionamenti, eccovi una serie di spunti e commenti in occasione dell’inizio del dibattito parlamentare sulle Missioni militari all’estero (nell’attesa dei documenti sugli investimenti della Difesa).

Parto da questa recente intervista su Repubblica del Ministro Lorenzo Guerini, che per prima cosa mi è apparsa fuori luogo per metodo e tempistiche… (lo so, non vi stupisce questa mia critica…). Discutere in un’intervista elementi salienti della strategia internazionale dell’Italia prima del passaggio parlamentare (e con il ritardo di sei mesi della Deliberazione sulle missioni…) fa capire il ruolo ancillare del Parlamento e la poca condivisione di certe decisioni. Anche dalle risposte molto “standard” e retoriche si percepisce una difficoltà a entrare nel merito e forse la necessità di nascondere come le reali decisioni siano prese altrove… L’insistenza nel ribadire di “essere preparati sia per uomini che per strumenti” salvo poi continuare in altre sedi a sottolineare mancanze e quindi necessità di fondi è abbastanza evidente nella sua incoerenza.

Il Ministro ribadisce la centralità del “fronte sud” e il focus sul “Mediterraneo allargato” (punto ormai fermo, come evidenzia in un suo articolo più sotto riportato Fabrizio Coticchia, professore di relazioni internazionali all’Università di Genova… e sono d’accordo) ma sembra che tutto sia ripetuto solo come un “mantra” senza effettivo controllo delle dinamiche. Basti vedere quanto successo in Mali (con decisioni italiane prese a ruota di eventi e fatti coinvolgenti in particolare la Francia) o il tentativo di mettere sullo stesso piano “fronte sud” e “fronte est” quando è ovvio che le attenzioni della NATO siano altre… Tutti questi concetti e pensieri (spesso poi ripetuti in modo simile anche nei confronti parlamentar) mi danno l’impressione di petizione di principio poco concrete, che mascherano solo l’affanno di un ruolo “di rimessa”.

Mi pare anche bizzarro non accogliere l’evidenza che la situazione in Ucraina e il nuovo concetto strategico NATO abbiano avuto un effetto dirompente e indebolente su qualsiasi percorso reale per una difesa UE (così retoricamente evocato negli ultimi mesi).

Come detto concordo con Fabrizio Coticchia quando, in un suo recente pezzo per “Domani” (vedi in coda) sottolinea comunque che idealmente (e pieno titolo) la strategia italiana sarà ancora diretta al “fianco sud” almeno nelle parole e intenzioni. D’altra parte però viene ribadita e sottolineata la difficoltà nell’affrontare compiutamente questo nuovo quadro e la presenza di “dilemmi in sospeso” per le politiche italiane su Esteri e Difesa che non si possono ignorare. Tra essi la relazione tra “sicurezza regionale” e meccanismi di governance locale che devono essere “legittimi”. E l’interrelazione tra “strumenti politici, diplomatici, economici e militari” in un quadro di rispetto di valori. Inoltre Coticchia (e ancora una volta sono d’accordo) richiama giustamente il “vulnus” fondamentale di tutta la politica italiana su Esteri, Difesa, Sicurezza: l’inesistente (in pratica) definizione e declinazione di cosa sia davvero “interesse nazionale”.

Elementi presenti anche nell’importante interessante paper da lui scritto con Andrea Ruggeri (professore ad Oxford) (pubblicato per lo IAI vedi qui), un testo che i nostri politici, e molti analisti, dovrebbero approfondire per evitare di rimanere solo su piani retorici… Da questo lavoro (oltre all’ottimo quadro di analisi) mi prendo soprattutto le tre raccomandazioni finali che, se applicate, permetterebbero davvero un salto di qualità nel dibattito sulla politica estera e di difesa nel nostro Paese:

  1. creare valutazioni standard e sistematiche con l’evolvere degli eventi
  2. stabilire valutazioni trasparenti e inclusive al termine degli interventi
  3. pianificare strategicamente proattività a lungo termine piuttosto che una reattività a breve termine

Certo tutto questo diventerà realmente possibile solo se il Governo inizierà davvero a coinvolgere il Parlamento in questo dibattito, senza appoggiarsi solamente ad alcuni think tank o a “indicazioni esterne” (e ricordatevi di Accademia e società civile!). Ma per realizzare questo approccio anche le forze politiche dovranno crescere e diventare più “mature” su questi temi: bisogna smettere di considerare la politica estera (meno quella di difesa) solo un altro “campo” su cui giocare le scaramucce tra partiti…

Vedremo cosa succederà nei prossimi giorni, aspettando anche il DPP Documento Programmatico pluriennale della Difesa, anch’esso in grave ritardo così come avvenuto per la Deliberazione sulle missioni internazionali.

Noi faremo la nostra parte!!


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