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Cosa intende Papa Francesco quando parla di “bandiera bianca” in Ucraina

Perché Papa Francesco ha usato l’espressione “bandiera bianca” riferendosi all’Ucraina. Francesco Vignarca: “Bergoglio ha smascherato l’ipocrisia occidentale: mentre tutti aderiscono alla banalità della guerra, Bergoglio dice che il vero coraggio è nella volontà di negoziare e giungere a una soluzione condivisa. Non c’è nessun coraggio in chi invoca altra guerra, ma sulla pelle degli ucraini”.

Intervista su Fanpage a Francesco Vignarca, Coordinatore Campagne di Rete Pace Disarmo, a cura di Davide Falcioni

Apriti cielo. Le dichiarazioni di Papa Francesco sulla necessità di aprire un negoziato tra Russia e Ucraina hanno fatto il giro del mondo e suscitato durissime critiche da parte di Kiev e dei suoi più stretti alleati. Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha replicato al Pontefice affermando che “il più forte è colui che si schiera dalla parte del bene nella battaglia tra il bene e il male, e non cerca di pareggiarli, chiamandoli ‘negoziati'”. Secondo la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, la pace arriverà solo “se Putin deporrà le armi”, e anche il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha dichiarato che “la resa non sarebbe pace” e ricordato che “solo il presidente russo ha il potere di porre fine alla guerra”.

La ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock ha rincarato la dose. “Non capisco. Penso che alcune cose si possano capire solo se le si vedono con i propri occhi”. Nelle sue conversazioni con i bambini ucraini colpiti dalla guerra, ha aggiunto di essersi chiesta: “Dov’è il Papa? Il Papa deve sapere queste cose. Se l’Ucraina e i suoi alleati non mostrano forza adesso, non ci sarà pace”.

Insomma, le parole di Bergoglio sembrano aver creato una frattura – sapremo solo in futuro quanto sanabile – tra il Vaticano e i Paesi occidentali alleati dell’Ucraina. Eppure quelle parole sono le stesse che pronunciò Papa Giovanni XXIII in piena Guerra Fredda, quando invitò le potenze mondiali a privilegiare sempre il negoziato, anche laddove si riteneva vi fossero le condizioni per combattere una “giusta guerra”. Lo ricorda, intervistato da Fanpage.it, Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne di Rete Pace Disarmo e autore del saggio “Disarmo Nucleare” (Altreconomia): “Bergoglio ha sgretolato l’idea di ‘guerra giusta’ che in molti continuano a brandire, evidenziando come dopo due anni di combattimenti la situazione non sia migliorata granché sul campo: centinaia di migliaia di persone sono morte, sono stati spesi miliardi e miliardi di dollari, è stato devastata un’ampia parte di territorio ucraino, e la ricostruzione di quel Paese durerà decenni. Le armi non hanno risolto assolutamente niente. Anzi, hanno aggravato la situazione”.

Papa Francesco ha usato un’espressione, “alzare bandiera bianca”, che in molti hanno voluto intendere come un invito alla resa incondizionata dell’Ucraina. Ma è davvero così?

Papa Francesco ha sempre manifestato la sua vicinanza all’Ucraina e sottolineato che il conflitto è stato iniziato dall’invasione russa del 24 febbraio 2022. Il Pontefice non ha invitato gli ucraini ad arrendersi, tanto meno a una resa incondizionata, ma ha chiesto loro di avere il coraggio di aprire un negoziato. E non capisco lo stupore di molti commentatori, anche italiani: è quello che Bergoglio ripete da due anni a questa parte e che hanno detto tutti i suoi predecessori da almeno 60 anni. Basta andarsi a leggere l’enciclica di Papa Giovanni XXIII Pacem in Terris, pubblicata nel 1963, che invitava a privilegiare sempre il negoziato e negava l’esistenza di una “guerra giusta” nell’epoca delle armi nucleari. Il “Papa buono” sosteneva che, anche laddove i principi che spingono un Paese a scegliere la via delle armi siano corretti, è ormai inaccettabile l’idea che le contrapposizioni si superino aumentando l’intensità dei conflitti. Ma non solo: potrei citare anche la “Lettera ai belligeranti” di Benedetto XV del 1917, quando il Santo Padre scrisse ai Capi di Stato dei Paesi che partecipavano alla Prima Guerra Mondiale chiedendo “quanto prima” la “cessazione di questa lotta tremenda, che ogni giorno più appare inutile strage”.

Insomma, le parole di Papa Francesco non sono una novità.

No. E faccio notare che un secolo fa un certo Benito Mussolini attaccava Benedetto XV accusandolo di viltà e di pugnalare alle spalle l’esercito italiano. Allo stesso modo oggi attaccano Francesco. Da sempre chi si schiera contro la guerra è considerato un traditore.  Ripeto: cosa ci si sarebbe potuti aspettare di diverso da chi è seguace di quel Gesù che disse: “Riponi la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada periranno di spada. Credi forse che io non potrei pregare il Padre mio che mi manderebbe in questo istante più di dodici legioni d’angeli?”.

Se non sono una novità perché le parole di Bergoglio vengono così duramente criticate dai leader dei Paesi alleati dell’Ucraina?

Credo che i motivi siano prevalentemente due. Il primo è che durante il suo pontificato Papa Francesco ha sempre additato l’industria delle armi, spiegando che il comparto bellico è l’unico che trae davvero il vantaggio dalle guerre. In fondo basta leggere gli ultimi dati del Sipri, che mostrano un netto aumento degli export di armamenti in corrispondenza con il conflitto in Ucraina. E tutti sappiamo benissimo quanto la lobby dell’industria militare influenzi le scelte della politica. Il secondo motivo è che Bergoglio ha sgretolato l’idea di “guerra giusta” che in molti continuano a brandire, evidenziando oltretutto come dopo due anni di combattimenti la situazione non sia migliorata granché sul campo: centinaia di migliaia di persone sono morte, sono stati spesi miliardi e miliardi di dollari, è stato devastata un’ampia parte di territorio ucraino, e la ricostruzione di quel Paese durerà decenni. Insomma, le armi non hanno risolto assolutamente niente. Anzi, hanno aggravato la situazione.

C’è però anche chi evoca questioni di principio: darla vinta a Putin, si dice, significa avallare l’idea che un Paese possa invaderne un altro sovrano.

Ma questo è un approccio semplicistico e solo astratto, che l’Occidente ha peraltro sempre ignorato nel contesto di altri conflitti applicando il più classico dei “doppi standard”. Messo in campo soprattutto da chi per l’Ucraina invoca “democrazia e libertà” in maniera astratta, e per questo giustifica ogni scelta militarista, ma poi non dice nulla sul massacro di civili a Gaza e asseconda le politiche di occupazione di Israele (ancora una volta favorendo un approccio basato sulle armi). Papa Francesco sapeva benissimo che sarebbe stato attaccato per queste parole, ma il suo intento anche a dispetto delle critiche è quello di evidenziare che non esiste una soluzione militare alla guerra tra Mosca e Kiev. Aggiungo un elemento: sbagliamo a pensare che Papa Francesco abbia criticato solo l’Occidente. In verità il suo è stato un messaggio rivolto in primis a Putin, perché sa benissimo che è stato lui il primo a scegliere la strada della guerra. E sa benissimo anche che la pace non si fa assecondano le pretese del Cremlino.

L’Ucraina ha risposto al Papa dicendo che non si arrenderà mai. E ovviamente non si può intavolare nessun negoziato se Kiev si rifiuta. Le parole del Pontefice rischiano dunque di cadere nel vuoto?

Trovo che la risposta dell’Ucraina sia assolutamente rispettabile. Noi pacifisti siamo in quel Paese da anni e conosciamo la sofferenza di un popolo bombardato che non vede altra soluzione se non una resistenza armata. Tuttavia questo non significa che debba essere abbandonata la strada di un negoziato: il ruolo dei mediatori, in fondo, è quello che scontenta tutti per un bene superiore, che è la pace. Chiunque si ponga come mediatore apre una strada e si trova tra due fuochi perché si pone al di sopra della banalità della guerra.


Le parole del Papa non sono piaciute neppure ai vescovi tedeschi, secondo cui quella del Pontefice sull’Ucraina è stata una “formulazione infelice”. Anche la Chiesa Cattolica ucraina ha protestato.

Si può legittimamente contestare la scelta delle parole, o l’aggancio all’immagine di “bandiera bianca” che – va notato – è stato introdotto dall’intervistatore e non dal Papa. Ma è abbastanza scorretto e poco onesto intellettualmente travisare e mistificare le sue parole solo per difendere scelte belliciste. Ho anche letto un documento del Consiglio delle Chiese e delle organizzazioni religiose ucraine in cui ritengo vengano utilizzati toni inaccettabili e pericolosi: si parla di “Verità” e “Vittoria” con la maiuscola (sempre le proprie, specularmente a quello che dice Putin con la Chiesa ortodossa russa) e si benedicono i combattenti come si faceva in passato. L’approccio di fratellanza universale dovrebbe però non limitarsi alla separazione binaria tra buoni e cattivi a prescindere… Altrimenti si alimenterà il conflitto tra chi penserà sempre di essere dalla parte della ragione e della giustizia:  ricordo che un motto dei nazisti era Gott mit uns (in italiano: “Dio con noi”).

Anche Biden, Ursula von der Leyen, la NATO, la Germania e altri leader occidentali hanno detto che la pace si fa se Putin depone le armi. Dunque, l’Occidente contro Francesco?

Da cristiano penso che il Papa abbia interpretato gli insegnamenti del Vangelo nel modo migliore possibile: dicendo quello che anche quei leader sanno alla perfezione ma che non hanno il coraggio di dire, ovvero la verità sull’andamento del conflitto. Chi ha puntato tutto sulla vittoria militare e da due anni ripete che la prossima fornitura di armi sarà quella “risolutiva” è ovviamente infastidito da chi evidenzia con chiarezza che le armi non hanno risolto niente, che puntare sulla guerra ha portato solo distruzione e morte. Ormai questo è sotto gli occhi di tutti e per certi ambienti politici e di pensiero risulta inaccettabile. Penso inoltre che le parole del Papa smascherino l’ipocrisia occidentale: mentre tutti aderiscono alla banalità della guerra spostando ingenti fondi da investimenti sociali e ambientali a quelli per le armi, Bergoglio dice che il vero coraggio è nella volontà di negoziare e giungere a una soluzione condivisa. Non c’è nessun coraggio invece in chi invoca altra guerra, ma sulla pelle degli ucraini.